LETTURA SPIRITUALE DI 1Gv Introduzione La 1Gv la prima di un gruppo di tre lettere che fanno riferimento all'Apostolo ed Evangelista del IV Vangelo. Stabilire una datazione precisa, cos come gli altri 'attributi' della lettera, non affatto semplice a causa della scarsissima 'personalizzazione' dello scritto, che non contiene nessun cenno autobiografico n storico. La maggior parte degli studiosi, comunque, orientata a riconoscere un ambiente vicino a quello del IV vangelo, tanto cronologicamente che geograficamente, anche se l'indirizzo delle due opere pare completamente differente: il Vangelo guarda 'fuori' della Chiesa per annunciare il Verbo fatto uomo, la 1Gv guarda 'dentro' la comunit dei credenti per combattere i falsi profeti che predicano un Cristo diverso da quello 'ricevuto'. Nel Vangelo si 'fonda' la 'Tradizione', nella 1Gv la si richiama per confermarla. I destinatari cui, in ogni modo, Giovanni si rivolge sono completamente diversi da quelli cui si era rivolto Paolo e gli altri Apostoli: qui si tratta di cristiani di origine e cultura ellenistica, con una formazione 'poco-biblica' (qualcuno sottolinea la mancanza di citazioni e riferimenti vetero-testamentari). In particolare merita di essere introdotto, per meglio capire tante sottolineature anche del IV Vangelo, il tema della 'gnosi' quale costante ombra che si stende sulle comunit dell'Asia-Mediterranea e con la quale Giovanni si trova di fatto a confrontarsi con fermezza. La parola 'gnosi' significa 'conoscenza' ed individua a livello filosofico-religioso un particolare movimento di pensiero che prese piede proprio nell'Asia Minore nel periodo NT e continu ad estendere la propria influenza per alcuni dei secoli seguenti. Come indica il termine 'gnosi', si tratta di una sottolineatura particolarmente forte del concetto di 'sapere', 'conoscere': la 'conoscenza' di una realt che porta l'uomo a 'possederla' nella sua verit profonda permettendogli di 'andare oltre' la semplice 'presentazione esteriore'... In altre parole: un conto ci che si vede, un conto ci che sta dietro; la quantit delle persone accede alla realt in modo 'mediato' dalla sua presentazione 'fisica' (ci che si vede) e dall'esperienza che se ne ricava; la persona 'spirituale', invece, accede alla realt in modo 'im-mediato', direttamente, lasciando da parte la componente fisica che, in realt, non altro che 'apparenza'. Questa conoscenza di carattere 'spirituale' prende il nome di appunto di 'gnosi'. Filosoficamente si riconoscono elementi del pensiero greco uniti ad istanze di provenienza asiatica, una forma di sincretismo che trova, per, la propria forza soprattutto a livello 'spirituale' promettendo una possibilit veramente forte di 'trascendenza'; trascendenza che si fonda sull'immancabile presupposto 'dualista' della realt che vuole il mondo (nel suo significato pi vasto possibile) diviso su due livelli: quello corporeo e quello spirituale. Senza perderci sulle diverse concezioni dualistiche possibili, notiamo come questo sia profondamente contrario al pensiero biblico nel suo insieme, al punto che anche l'AT accetta di essere 'contradditorio' piuttosto che dualista! (Cfr. l'atteggiamento del Faraone verso Mos e gli ebrei: Dio che ne rende ostinato il cuore; in tanti salmi, ancora, Dio stesso che provoca il bene e procura il male). Concretamente la gnosi offriva ai propri adepti la possibilit di non lasciarsi 'condizionare' dal male presente nel mondo, e neppure nella propria vita, tanto da permettere, di fatto alla stessa persona, il raggiungimento della perfetta 'conoscenza' di Dio e del suo mistero insieme alla permanenza di una vita viziosa e moralmente riprovevole. La persona spirituale si trova appagata, anche moralmente dal proprio 'conoscere' e sa che la 'realt' in fondo solo un'apparenza... priva di vero valore 'spirituale'... le conseguenze etiche e morali sono solo da immaginare! [Qualcosa del genere, anche se con una portata diversa e molto meno 'filosofica', era individuabile anche a Corinto, dove i 'carismi' costituivano, in realt, l'equivalente di questa 'conoscenza', ma le conseguenze erano molto simili.] La profondit di questa 'conoscenza' produce una 'consapevolezza' talmente presuntuosa che porta, di fatto, all'irresponsabilit esistenziale scalzando alla radice la logica, e la necessit, della 'conversione' per una vita rinnovata in Cristo! 1Gv insister molto, quindi, sulla realt dell'Incarnazione di Cristo e di tutto ci che lo riguarda, legando, poi, ogni affermazione di grande portata 'spirituale' ad altrettante necessarie affermazioni di portata molto concreta, rispettando il principio biblico dell'unitariet della persona umana e del valore della realt creata... il principio, cio, dell'Incarnazione: e il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi Gv 1,14. Lettura di 1,1-2,2 1-4 La lettera inizia senza nessuna introduzione, indirizzo o altro secondo l'uso del tempo. Ci troviamo davanti ad un piccolo 'prologo' in perfetta risonanza con quello del IV Vangelo e con un'accentuazione 'forzosa' del dato 'sperimentale' della conoscenza di Ges Cristo, Verbo fatto carne. Oggetto dell'annuncio degli apostoli, della Chiesa tutta, 'Colui' che cos saldamente 'caduto' sotto la percezione dei sensi di chi gli stato a fianco per tanto tempo. L'autore non parla in prima persona ma attraverso un 'noi-comunitario': il gruppo dei discepoli... "Noi che abbiamo mangiato e bevuto insieme a lui dopo la risurrezione... noi che siamo stati con lui a partire dal battesimo di Giovanni"... il 'nucleo' dei testimoni oculari che 'parla' attraverso l'autore e certifica la realt di quanto affermato dall'annuncio evangelico. Centro di questo annuncio , senza dubbio, il mistero dell'Incarnazione: la sua 'concretezza' e realt storico-fisica! Ges una persona, non una realt astratta, un pensiero, un figura mitologica cui riferire la paternit di determinate circostanze o situazioni. C', per di pi, un'assoluta identit tra il Verbo di Dio che era e che da sempre, e l'uomo Ges di Nazareth. Di pi... Ges nella sua realt profonda non solo 'era fin da principio' ma addirittura "il Verbo della Vita". La comunicazione, l'annuncio, dell'esperienza fatta 'del Cristo' e 'col Cristo' strumento di comunione, ha come fine la comunione... una comunione 'totale': con la Trinit e con la Chiesa tutta... e questa comunione il 'veicolo', la possibilit della vera gioia; una gioia non apparente, esteriore, momentanea, ma profondissima: la gioia della Comunione. Emergono gi in questi pochi versetti alcuni degli elementi chiave di questa lettera: la vita, la comunione e la gioia. L'esperienza cristiana , appunto, 'esperienza': qualcosa che passa per le mani ed i sensi del nostro corpo... non si tratta di idee, convinzioni, definizioni... Certo il cristianesimo ha un notevole contenuto 'dottrinale' e 'dogmatico' ma in funzione della correttezza delle condizioni di possibilit di sperimentare veramente il Cristo! Altra considerazione: solo chi ha sperimentato il Cristo presente nella propria vita ne pu parlare agli altri in modo 'realistico', convincente... pu portare gli altri ad una vera 'comunione' con Lui. Ancora: la strada per la gioia, la felicit vera, la beatitudine, passa attraverso la comunione; una comunione totale e ad ogni livello: coi fratelli e con Dio stesso! Questa 'sensibilit' emerger pi avanti in modo veramente decisivo. 5-7 Ecco la prima comparsa di termini 'tecnici' per questa lettera, e per le false dottrine che si vogliono contrastare: 'luce' e 'tenebre'. Per chi segue la dottrina gnostica si tratta delle due 'condizioni' in cui si trovano gli uomini a causa della 'conoscenza' acquisita o non posseduta... per Giovanni si tratta di qualcosa di pi vasto: la comunione con Dio! "Dio luce": affermazione preliminare per 'smontare' l'impianto teorico degli avversari e fondare le esigenze morali ineludibili di chi 'in comunione' con Lui. Luce e tenebre sono realt talmente evidenti e contrastanti che superano la 'vacuit' delle parole... "se uno dice..." ma non poi vero nei fatti, ecco che il suo dire vano, nullo, pura illusione! La verifica di questo? La comunione! Chi in comunione, nella comunione, pu stare sicuro; ma chi non verifica la presenza di se stesso nella comunione deve 'pensarci su'. La vita cristiana si definisce proprio come vita di comunione, vita in comunione... non conta quello che si 'conosce', quello che si crede di sapere, ma quello che si riesce a vivere insieme ai fratelli, per i fratelli. Anche per Dio si tratta esattamente della stessa cosa: non conta tanto la 'teologia' ma la mistica: non quello che 'so di Dio' ma quello che vivo in Lui! Il cristianesimo dottina di vita... ma la vita a guidare, motivare e sostenere la dottrina! 8-10 'Chi conosce nella luce e quindi non pu peccare'... sembra un'affermazione degli avversari della retta dottrina... affermazione che mette in discussione uno dei fondamenti del cristianesimo: " Dio che ci ha riconciliati a s non imputandoci le nostre colpe ma mandando il proprio Figlio come vittima di espiazione per i nostri peccati" (Cfr. 2Cor). Non riconoscere di essere stati redenti, e di averne avuto e continuare ad averne davvero bisogno, significa contraddire l'opera della redenzione: il Mistero Pasquale stesso! Non riconoscere il proprio bisogno di conversione e redenzione fare di Dio un bugiardo... non tanto nelle sue parole... ma nei fatti... rendere, cio, non attendibile, non sensato, 'inutile', quello che Dio ha creduto di dover fare per strapparci dalla morte. L'esperienza fondamentale del cristianesimo quella del perdono, della conversione! Chi non disponibile a fare questa esperienza non potr raggiungere il cuore della fede n la verit del rapporto filiale con Dio. E forse questo uno degli ostacoli oggi pi grandi per una vera adesione alla fede cristiana: la necessit di riconoscere la nostra effettiva e radicale insufficienza e la necessit di essere 'salvati'! Anche la fede professata da tanti battezzati e cresimati, in realt non parte da questa esperienza fondamentale di perdono e salvezza da parte di Dio; ci troviamo a gestire col Dio di Ges Cristo lo stesso rapporto che vive la stragrande maggioranza degli uomini che professano una qualunque credenza religiosa: Dio 'il divino', e stop! Tutta la logica della redenzione e della salvezza non compare neppure... di fatto lo si vede chiaramente nella difficolt ad accostarsi al sacramento della Penitenza! Il nostro cristianesimo un 'sapere' delle cose che riguardano Dio, come e dove queste nascano e si fondino non importa... tanto vero che il Mistero dell'Incarnazione e della Passione del Signore sembrano non esistere neppure nella vita della gente! 2,1-2 Si riprende il fondamento di quanto appena detto sul peccato ed il perdono; ecco la proclamazione del 'kerigma' (annuncio fondamentale) cristiano: "abbiamo un avvocato presso il padre: Ges Cristo giusto...". A cosa serve un 'avvocato' se non si in 'fallo'? Quanto l'Apostolo scrive deve servire di ammonimento per non lasciarsi prendere dalla logica sbagliata dei falsi profeti e non arrivare all'assurdo di rendere Dio 'bugiardo' ("vi scrivo queste cose perch non pecchiate"). E se anche questo fosse gi successo, nessuna paura, perch fondamento della vera fede non tanto il 'sapere', la 'conoscenza', ma il perdono dato gratuitamente a chi ne faccia richiesta a Dio! C', quindi, ancora tempo e possibilit per ravvedersi e tornare a Dio attraverso il suo perdono. Il tema della salvezza davvero fondamentale per seguire Ges Cristo: quanto ce ne rendiamo conto? La nostra vita parte sempre dal presupposto di essere gi stata salvata dalla passione-risurrezione del Signore, oppure un semplice susseguirsi di gesti di cui qualcuno anche religioso? Quanta 'consapevolezza di peccato' abbiamo? Il nostro rapporto con cristo si misura sulla realt del peccato che ci avvolge e ci rende schiavi, oppure ci riempie solo il cuore di 'bei sentimenti' 'pie illusioni'?