PRESENTAZIONE Questo sussidio che vi offriamo vuole essere un utile strumento che vi aiuta a chiarire le 'coordinate di fondo' dell'animazione e del servizio educativo. Esso infatti non semplicemente una serie di 'attivit' fatte per i giovani, ma la risultante di una serie di fattori e di 'ingredienti', lo si voglia o no! Gli elementi essenziali che, ci sembra, costituiscono l'intelaiatura della 'compagnia della vita e della fede' sono tre, e questo sussidio ne analizza la natura e la funzione: 1) il gruppo: luogo di esperienza di Chiesa 2) l'animatore: compagno di strada 3) la relazione educativa: la comunicazione tra animatore e gruppo E' necessario avere un'attenzione nella lettura: il sussidio tenta di coniugare alcune indicazione 'tecniche', che riguardano cio alcuni 'meccanismi' intrinseci all'agire educativo, ed alcune indicazioni 'pastorali' cio che hanno pi direttamente a che fare con alcune indicazioni concrete. Ci auguriamo che possa essere un utile strumento, anche se siamo consapevoli che porta con s tutti i suoi limiti. Questa veste grafica comunque ci permetter di fare delle ulteriori aggiunte ed arricchimenti integrando questo materiale con altri che riterremo utili. Pensiamo che non sia il caso di aggiungere altro nella presentazione perch, a questo punto, fin troppo chiaro quale sar l'oggetto del nostro approfondimento. A tutti una buona lettura... Gli amici del settore giovani settembre 1993 1 - IL GRUPPO: luogo di esperienza di Chiesa Premessa Esiste, soprattutto nella sfera giovanile un forte bisogno di socializzare che spinge l'uomo e il giovane in particolare a stare il pi possibile insieme con i suoi coetanei e affrontare non da solo problemi e difficolt della vita. Il gruppo infonde sicurezza, fa intravvedere la possibilit di soddisfare alcuni bisogni affettivi, di essere accettato ed accolto, di sentirsi amato, di scoprire che la propria vita ha un senso in riferimento agli altri e al mondo esterno. il luogo dove l'adolescente compie le sue prime esperienze da persona autonoma dalla famiglia trovandovi delle gratificazioni e quella considerazione che non sempre la famiglia disposta ad offrire. 1.1. PERCHE' FARE GRUPPO 1.1.1. COS'E' IL GRUPPO Una definizione valida in generale e che ci trova tutti concordi afferma che il gruppo esiste quando esistono dei rapporti e una qualche forma di interdipendenza tra le persone che lo compongono. Chiunque dall'esterno dovrebbe riconoscere l'intensit di tali rapporti che li rende diversi da quelli che ogni membro del gruppo ha con le persone che appartengono all'ambiente sociale in cui il gruppo inserito. Posto un riferimento unanimemente riconosciuto la nostra attenzione si sposta su quello che viene detto "piccolo gruppo", ben caratterizzato e distinto da altri tipi di gruppo umano. Il gruppo una collettivit identificabile, strutturata, continua, di persone sociali che svolgono ruoli reciproci conformemente a norme sociali, a interessi e a valori nel perseguimento di fini comuni. Esaminando attentamente questa definizione possiamo evidenziare qualche elemento implicito: - il gruppo deve essere chiaramente identificabile sia dall'interno che dall'esterno, anche se non tutti i membri necessariamente si conoscono tra loro; - la strutturazione interna suppone una certa distribuzione dei ruoli e suppone anche un rapporto chiaro di ruoli all'interno e un'azione individuale armonizzata con quella degli altri membri; - le norme di gruppo non sono necessariamente codificate in modo esplicito, ma sono necessarie per la sopravvivenza del gruppo; - essenziale alla vita di gruppo una certa comunanza di interesse, valori, fini sociali, senza di cui il gruppo si scinde. La circolazione di valori all'interno del gruppo prevalentemente in forma diretta e simbolica rafforza l'unit e la funzionalit del gruppo; - il gruppo deve avere una durata almeno relativa, altrimenti la momentaneit del rapporto pu scadere in un'esperienza di aggregato. 1.1.2. GRUPPI PRIMARI E GRUPPI SECONDARI Gruppi primari sono quelli in cui la collettivit di persone che li compongono relativamente ristretta come numero e con relazioni frequenti faccia a faccia, con profondi sentimenti di solidariet e adesione totale ai valori comuni che costituiscono la cultura di gruppo. Esempi di gruppo primario sono la famiglia, i gruppi amicali come quelli adolescenziali o giovanili, i gruppi scolastici che si possono verificare in qualche classe molto unita. Gli appartenenti al gruppo primario generalmente hanno forte sentimento di inclusione o appartenenza al gruppo (in termine tecnico si parla di "in-gruppo") e correlativamente tendono a escludere gli altri del "fuori-gruppo". Gruppi secondari sono invece collettivit pi allentate in cui l'individuo si associa in genere volontariamente o per contratto; le relazioni reciproche sono pi esplicitamente regolare da leggi, usi, convenzioni. Il gruppo secondario spesso identificato con l'associazione. Ogni societ composta generalmente da gruppi primari e secondari, ma vi pu essere una prevalenza pi o meno pronunciata degli uni o degli altri. I due tipi di gruppo rappresentano anche due estremi di una tipologia, in mezzo a cui si possono collocare forme intermedie di gruppo. Il gruppo secondario pu inoltre rappresentare la forma di transizione tra il gruppo primario e l'aggregato. 1.1.3. IL PICCOLO GRUPPO Si detto che il gruppo esiste quando esiste tra le persone che lo formano una vera e propria rete di comunicazione superiore a quella che relaziona la persona con le altre dell'ambiente sociale in cui vive. una rete che consente alle persone che la mettono in campo di soddisfare particolari bisogni e scopi importanti per la loro vita. Il piccolo gruppo si caratterizza per questa trama di rapporti di comunicazione tra un ristretto numero di persone che vivono una contiguit fisica in alcuni periodi di tempo. quindi il piccolo gruppo limitato nel numero dei componenti. Normalmente formato da una decina di persone, secondo alcuni autori il numero massimo si fissa intorno ai 20 o 30. Questo fatto consente a ogni suo membro di avere rapporti diretti, faccia a faccia, con tutti gli altri membri. Si rende possibile un'esperienza dell'altro profonda e autentica. La vicinanza fisica, l'affettivit, lo scambio non verbale permettono una comunicazione che risulta impossibile nei rapporti tra ruoli nelle grandi organizzazione o nel sistema sociale. 1.1.4. GRUPPO COME LUOGO COMUNICATIVO importante chiarire che il gruppo diverso dalla somma delle persone che lo costituiscono e ribadire che l'insieme dei rapporti tra le persone, una trama di rapporti e di relazioni. L'individuo che ne fa parte partecipa con le sue relazioni, cosciente di vivere un'interdipendenza reciproca, in questa realizza una parte del proprio progetto di s. Allo stesso tempo conserva la sua personalit, la sua individualit, senza mai scomparire. 1.1.5. CARATTERISTICHE Il gruppo dunque da considerare non come somma di individui che lo formano ma come un tutto. Secondo il concetto di totalit: "Il comportamento di ogni membro del gruppo in stretto rapporto con quello di tutti gli altri, quando non ne addirittura dipendente". Un sistema differente da un agglomerato in quanto le sue parti sono interconnesse e viceversa. Nel gruppo quindi il comportamento di un individuo influenza gli altri e a sua volta ne influenzato. La comunicazione circolare e quindi sempre bidirezionale. Coinvolge in modo attivo tutti i partecipanti, siano essi pi o meno attivi trasmittenti o passivi riceventi. Non un sistema determinato. L'obiettivo che nel gruppo ci si prefigge di raggiungere pu essere perseguito a partire da situazioni di volta in volta differenti, cos come da situazioni di partenza uguali si possono raggiungere diversi obiettivi. il principio della equifinalit, importante perch ci apre alla speranza che ogni persona al di l delle sue condizioni pu evolvere e migliorare il suo essere nel mondo e la sua qualit di vita. 1.2. FINALITA' DEL GRUPPO 1.2.1. LO SCOPO DEL GRUPPO Il gruppo si qualifica come un sistema in grado di raggiungere gli scopi per cui si costituita adattandosi al mutare delle condizioni esterne ed interne. Capace di sviluppare negli individui una maggiore consapevolezza di s, una maggiore capacit di essere fedeli a s stessi e di partecipare alla vita culturale. In questa avventura, che vede il giovane rischiare l'apertura verso un altro essere per costruire comuni scopi di vita, comunicando, vivendo scambi sociali, affettivi ed emotivi, informativi e conoscitivi, si ridisegna, si ridefinisce il proprio mondo e i propri orizzonti al fine di dare una risposta ai pi elementari e inquietanti quesiti sul perch della vita. un'avventura strettamente legata ai problemi del significato che si accosta al quotidiano opaco e monotono come una frontiera, come l'orizzonte oltre il quale balena la trascendenza ove tutto mistero e silenzio. 1.2.2. UN GRUPPO ECCLESIALE Il gruppo che si caratterizza come un fascio di rapporti tra le persone che lo compongono e non come semplice somma delle stesse, si pone in un sistema tripolare dinamico di relazione, con queste persone e con la comunit ecclesiale di cui il gruppo si propone come "mediazione". Per molti giovani rappresenta l'unica via di accesso alla Chiesa, come luogo privilegiato in cui si rende possibile una concreta esperienza di Chiesa. In questo spazio di intensi rapporti primari si riconosce quella comunione che diventa segno visibile e concreto che conduce misteriosamente ma efficacemente a Dio, quindi "mediazione di Chiesa", Chiesa. Nel gruppo si vive la vita di Chiesa nella misura in cui chi vi partecipa in grado di ricostruire la propria identit cristiana, impara ad esprimere la propria fede, celebra la sua vita quotidiana e riconosce in essa la presenza salvifica di Dio. Il gruppo Chiesa ma non "la" Chiesa, la esprime, la invera, la visibilizza, tanto pi quanto pi aperto e relazionato con essa e la Chiesa stessa ha bisogno del gruppo per essere presente ed esperimentabile a livello giovanile, nel gruppo la Chiesa si fa appello significativo la sua presenza in prima linea nelle situazioni di morte, riconosce in esso il principio di rinnovamento e di vitalit missionaria per la Chiesa tutta. Il gruppo ecclesiale ad un certo punto esaurisce la sua funzione di gruppo primario, di appartenenza e prolungarsi come gruppo di riferimento, deve permettere e stimolare i propri membri ad una partecipazione intensa dove si lotta per promuovere la vita, nella storia di tutti, in "compagnia" con ogni uomo di buona volont. 1.3. QUALE GRUPPO DI AC? 1.3.1. CARATTERISTICHE Riconosciamo fondamentalmente tre caratteristiche che identificano il gruppo di AC. a) La prima la gradualit: il gruppo visto come "luogo per crescere" per noi scelta di educazione, pensiamo che nessuno ha mai "finito di crescere" e per crescere bene sia importante farlo insieme lasciandoci educare dal Signore, dai fratelli e dalla storia. La via che ci porta alla maturazione non breve, richiede tempo e i tempi non sono uguali per tutti. Parliamo cos di itinerari formativi. Ogni singolo itinerario prende il via dalle situazioni concrete e con essa si misura, compiuto in relazione ad altri itinerari, precedenti, successivi e complementari. concepito in riferimento alla vita quotidiana della persona, nei suoi ambienti di vita, famiglia, scuola, lavoro e nel suo impegno sociale, culturale, politico. b) Questo costituisce la seconda caratteristica, dell'ordinariet del quotidiano, cos l'esperienza del gruppo diventa "esperienza quotidiana" nella frequenza degli incontri siano essi settimanali, quindicinali o mensili. c) Terza caratteristica consiste in una grande elasticit e fantasia che questo tipo di gruppo richiede. Occorre conoscere a fondo gli obiettivi finali sapendo attuare una seria programmazione, adottando di volta in volta gli strumenti pi adeguati alle persone, alle realt concrete. la ricerca in situazione, un difficile equilibrio che tenta di realizzare chi sa dove vuole andare e sceglie di andarci insieme e di arrivarci con tutti. 1.3.2. IL VALORE DEL GRUPPO PER ARCHI DI ETA' Si scelto quindi di porre una particolare attenzione all'et in riferimento alla scelta educativa e pedagogica, perch crescendo cambiano le esigenze, i tempi e i modi di vivere i problemi, saranno perci diverse le sottolineature dell'unica proposta globale che si specifica per il settore giovani nei giovanissimi, giovani e giovani adulti. * Il gruppo giovanissimi di AC una scelta da costruire in situazione con gli adolescenti delle parrocchie, nasce dal favorire il loro desiderio di incontrarsi e di esprimere la propria capacit di relazioni interpersonali, anche con persone mature che non siano genitori e parenti. un gruppo di appartenenza. * Il gruppo giovani nasce in genere come prosecuzione del gruppo giovanissimi, anche se il salto di qualit che lo caratterizza pu contribuire ad aggregare nuove persone. Non pi il gruppo di appartenenza caratterizzato da legami esclusivi, diventa gruppo di riferimento, momento di reale comunione, trampolino di lancio verso i fratelli, una vera e propria "fraternit in missione". * Per quanto riguarda i giovani-adulti esiste una grande difficolt a creare dei gruppi specifici dovuta al fatto che gli associati in questa fascia d'et sono gi in genere responsabili unitari o di articolazione nella diocesi e nella parrocchia, oppure confluiscono nei gruppi fidanzati-sposi, nel movimento lavoratori. Il crearsi di gruppi giovani-adulti contribuirebbe a dare completezza al settore giovani. Si tratta di pensare alla possibilit di un cammino di gruppo che possa essere riferimento anche per coloro che non sono pi in associazione, per coloro che non provengono da precedenti esperienze di impegno ecclesiale. 1.4. METODO E METODOLOGIA DELLA PROGRAMMAZIONE 1.4.1. INDICAZIONI GENERALI Riguarda il modo concreto di percorrere la strada che ci porta alla meta prefissata. Per metodo si intende "quella particolare selezione ed organizzazione della risorse disponibili e delle operazioni educativo-pastorali". il sentiero pi adatto per raggiungere l'obiettivo proposto a partire da una determinata situazione di partenza. Un metodo allora che tiene conto della situazione delle persone, della specifica realt dei ragazzi. Cos che ognuno possa accedere e comprendere i contenuti che si vogliono comunicare. un metodo che necessariamente deve prevedere diverse modalit espressive, che alterna momenti di ricerca comune a momenti di riflessione personale, a momenti pi tipicamente di gioiosa fraternit. attento, sa cogliere le necessit occasionali e immediate che emergono nel corso dell'esperienza di gruppo, rispetta i tempi di ogni componente, per dare la possibilit di recupero anche agli ultimi e pi in difficolt. Posto che l'obiettivo globale l'incontro con Cristo, questo metodo porter alla consapevolezza che ci siamo posti con la nostra vita nella vita stessa di Dio, un metodo quindi che conduce a celebrare, concretamente in un confronto fedele e costante con la Parola e in specifici momenti di preghiera. La traduzione sul piano esperienziale del come raggiungere gli obiettivi preposti coerentemente alle esigenze del gruppo di partenza significa "programmare" l'esperienza stessa. Programmare educativamente vuol dire: - essere in grado di prevedere, simulando quasi a priori i momenti e i passaggi logici che si dovranno percorrere per arrivare ai risultati sperati; - vuol dire prima ancora finalizzare, fissare degli scopi da raggiungere, per evitare nella maniera pi assoluta lo spontaneismo, il girovagare senza meta; - risulta importante razionalizzare le attivit pratiche e gli obiettivi intermedi che rendono possibile il raggiungimento dello scopo globale; - infine valutare, verificare periodicamente il lavoro svolto, il raggiungimento degli obiettivi intermedi che eventualmente vanno ripresi e rilanciati. L'animatore si configura cos come una sorta di "esperto in umanit". Si pone al servizio delle persone cosciente che il suo intervento educativo pu avere uno spazio preciso nella maturazione di queste persone, purch non sia lasciato al caso ma sia costantemente verificato e rimesso in discussione sugli obiettivi scelti. Si pone al servizio delle persone conoscendo chiaramente gli scopo e gli obiettivi che si vogliono raggiungere. Il ruolo educativo dell'animatore risulta chiaro nel momento in cui fissa ed ha presente l'obiettivo globale che lo motiva e lo giustifica nel suo agire educativo specifico. 1.4.2. IL METODO DELL'AZIONE CATTOLICA La catechesi nel Settore Giovani si caratterizza per il metodo adottato come catechesi esistenziale. una catechesi cio che privilegia l'attenzione al progetto e all'azione salvifica di Dio che opera nella vita concreta di ogni persona. Fare catechesi esistenziale significa aiutare a leggere nella propria vita e nella vita degli uomini i segni della presenza del Signore, aiutare a valutare ogni esperienza umana come un fatto significativo di salvezza, aiutare a scoprire il significato pi profondo dell'esistenza umana coniugandone la dimensione antropologica e quella teologica. L'esistenza in senso antropologico costituita dall'insieme delle esperienze della persona, del gruppo, della comunit, della globalit dell'essere di ogni persona, con i suoi progetti le sue conquiste, le sue affermazioni, le sue sconfitte. Questa stessa esistenza in senso teologico lo spazio storico in cui opera il Signore con la sua grazia ed il suo amore. In definitiva perci fare catechesi esistenziale significa cogliere e coltivare l'incontro di Dio con l'uomo nell'esistenza quotidiana, dare uno spessore concreto al binomio fede-vita, mettersi in atteggiamento di ascolto della Parola di Dio. COME SI SNODA CONCRETAMENTE Ogni unit si articola in cinque momenti: guardare, ascoltare, meditare, celebrare, andare. - Il guardare invita a guardarsi dentro e intorno, a leggere nella propria vita e nella vita di ogni uomo, per capire che cosa l'uomo pensa dell'uomo. La realt umana varia, complessa, talora contraddittoria. Ma le ricchezze dell'uomo, insieme ai limiti e alle ansie, fanno trasparire pi o meno velatamente la verit che il Creatore ha posto in ogni creatura; e questa verit va scoperta e promossa. - L'ascoltare aiuta a capire che cosa Dio pensa dell'uomo. Dio manifesta questo suo pensiero non tanto attraverso una esposizione arida di principi e norme, ma soprattutto attraverso la storia del suo rapporto con l'uomo. la storia di un rapporto personale che coinvolge l'uomo in una risposta non esteriore o formale, ma vitale. I personaggi e i fatti della Scrittura che ci vengono presentati sono un riscontro concreto di come Dio si comportato nel passato e continua a comportarsi nel presente. - Il meditare mette in contatto con la tradizione viva della Chiesa, quella tradizione che rende attuale la riflessione e la testimonianza di fede dei nostri fratelli e dei nostri maestri. Il vissuto ecclesiale del passato un dono prezioso che ci aiuta a capire e vivere meglio il dono della nostra fede. - Il celebrare aiuta a capire che la catechesi non soltanto sapere e conoscere, ma anche preghiera, canto, celebrazione della festa, unione con Dio. Una catechesi che non sbocchi nella preghiera rischia di essere una scuola di erudizione e non una scuola di vita cristiana e un autentico itinerario di fede. L'educazione alla preghiera personale e comunitaria, il culmine dell'educazione alla fede. - L'andare allarga gli orizzonti del cuore e motiva la necessit e l'urgenza dell'impegno di testimonianza. La salvezza e la felicit ricevute sono un dono da condividere con ogni fratello, una buona notizia da portare ad ogni uomo. Perci la catechesi associativa trasforma ogni giovane di AC in un apostolo, pronto a rendere ragione a chiunque lo interpelli della sua fede, della sua speranza, della sua carit. Un partire dall'esistenza dunque per ritornare all'esistenza, dove la conversione generata dall'incontro con la Parola si rende visibile in comportamenti nuovi, in pensieri nuovi, in scelte nuove, in storia nuova. (dal Progetto Giovani pp 189-193) ( inserire figura) 1.4.3. LA PROGRAMMAZIONE 1.4.3.1. PREMESSA: COSA VUOL DIRE PROGRAMMARE DA UN PUNTO DI VISTA EDUCATIVO? Ci pu aiutare la comprensione del termine in campo informatico: non significa immediatamente "produrre" o "fare", ma assume un significato di predisposizione a tutte le operazioni che l'intelligenza artificiale (computer) deve compiere per giungere a un risultato esatto. Da questa descrizione della programmazione informatica, possiamo capire che programmare educativamente significa: prevedere, finalizzare, razionalizzare, valutare. a) Prevedere Quando si organizza qualcosa ci si mette fermi e si comincia a "simulare" i momenti e i passaggi logici che si dovranno percorrere per arrivare ad ottenere i risultati sperati. In altre parole significa prevedere come si pu agire nel gruppo per raggiungere l'obiettivo. b) Finalizzare Prima ancora di prevedere che cosa fare, occorre fissare uno scopo da raggiungere. Questo stadio della programmazione dell'attivit del gruppo, serve a definire il campo e l'orizzonte in cui agire e lavorare. Molti animatori, nell'onda dello spontaneismo, hanno fatto del loro camminare un girovagare senza meta. Ed questa una delle situazioni da evitare in modo assoluto nell'esperienza di gruppo. Ogni scopo che noi vogliamo raggiungere risulta da una serie di azioni coordinate, poste in rapporto causale al fine, cio sono sempre orientate al fine prefissato. Significa inoltre che non qualcosa in contrasto col nostro agire normale ed ordinario, ma lo stesso agire diventa azione educante proprio perch essa puramente umana. c) Razionalizzare Nella programmazione ci si riferisce alla razionalizzazione come costante attenzione che si deve avere nel promuovere le attivit pratiche di gruppo e gli obiettivi intermedi che rendano possibile il raggiungimento degli scopi globali. Ci pare inoltre importante sottolineare l'attenzione alla storicit del gruppo, e quindi alla distribuzione spazio-temporale delle attivit, dei contenuti, degli interventi. 1.4.3.2. IL PUNTO DI VISTA EDUCATIVO-PASTORALE Prima di passare alle fasi della nostra programmazione specifica, precisiamo il punto di vista da cui noi intendiamo portare avanti il discorso. a) Intervento educativo Chi si pone a servizio nella comunit ecclesiale come animatore di persone, non solo assiste in modo educativo alla crescita dei suoi ragazzi, ma ha il grave dovere di intervenire in modo positivo nel loro cammino di crescita e di liberazione. b) Non determinismo ma scelta libera Chi si pone al servizio delle persone nell'esperienza di gruppo, crede che i condizionamenti sociali, psicologici, culturali, economici, politici, non siano poi determinanti sulla persona tanto da non lasciarle spazi per una sua maturazione responsabile. Questo significa pensare che c' un posto preciso anche per l'animatore e per l'esperienza di gruppo, perch il contesto socio-ambientale non l'unico e vero educatore, n tanto meno lo sono la cultura o l'istituzione pubblica. c) Comportamento educante come stimolo Chi si pone a servizio delle persone dev'essere in grado di adeguare il proprio intervento educativo, affinch ci che egli fa non sia lasciato al caso, ma possa essere uno stimolo, quasi un "condizionamento" positivo. Significa cio riconoscere all'animatore la responsabilit per cui il ragazzo, attraverso l'esperienza del gruppo, cresca e si maturi in conformit ad un progetto che lo renda responsabile e cosciente della sua situazione personale e gli indichi il cammino di liberazione da compiere. Da questo punto di vista programmare non significa seguire "mode educative", ma rivedere continuamente la propria competenza, verificarsi e porsi sempre in discussione sugli obiettivi scelti. 1.4.3.3. PER PROGRAMMARE UN CAMMINO DI GRUPPO Ci mettiamo ora a costruire un progetto per un'esperienza di gruppo, guidata da obiettivi precisi, da un cammino programmato per raggiungere gli obiettivi e da un metodo per attuare il programma che si traduce in incontri, iniziative, impegni, ecc. Vogliamo introdurre un'idea nuova per gli animatori, ma non certo sconosciuta a chi ha una qualche dimestichezza con la didattica che quella di "curricolo", ovvero di periodo in cui "rendere comunicabili i principi essenziali e le configurazioni concrete della proposta educativa, in modo da renderla disponibile ad un'analisi critica e possibile ad una effettiva traduzione operativa". Di fronte ad una "traduzione curriculare" della proposta educativo-pastorale di gruppo, nascono immediatamente quattro interrogativi importanti e necessari di risposta: - Quali finalit (obiettivo) educative e pastorali si intendono raggiungere con l'esperienza di gruppo? - Quali domande e bisogni emergono dai soggetti, siano essi espliciti o nascosti? - Che tipo di esperienze educative risultano pi adatte per raggiungere le finalit? - Com' possibile verificare se e in che misura siano state raggiunte queste finalit? Questi quattro quesiti seguono i livelli di una programmazione educativa accettabile e corretta: - obiettivo - situazione di partenza (espressa in bisogni e situazioni individuali-sociali) - metodo - valutazione Nell'approfondire e chiarire questi quattro livelli della programmazione di gruppo, emerge la metodologia proposta dalla nostra Associazione. (inserire figura a pag 22) a) L'obiettivo come orizzonte della programmazione Stiamo parlando di un'esperienza, quella di gruppo, vissuta a livello individuale, sociale e storico dalle persone che ne sono coinvolte. E come tutte le esperienze ha bisogno di motivazioni che diano l'avvio, sostengano e indirizzino l'attivit, cio abbisogna di un motivo d'essere e di continuare nel tempo. Tutto l'agire e l'educare si muove dentro un orizzonte globale che ne delimita l'ambito. Vogliamo definire questo orizzonte pi ampio come obiettivo globale, distinguendolo dagli obiettivi intermedi. Per il suo carattere teorico e generale non immediatamente raggiungibile e non destinato a indicare guide sicure e chiare per l'azione operativa, ma indica solo la direzione di marcia verso cui muoversi. Sostanzialmente, nel momento in cui l'animatore si pone a progettare un cammino educativo, deve rispondere alla domanda: quale tipo di uomo si vuole raggiungere e costruire con l'azione educante? importante capire subito la centralit di una visione di uomo caratterizzata dai valori e dallo loro armonia. Per l'animatore i valori devono rappresentare un certo "credo", un ideale da vivere e da proporre come valido e giustificante l'impegno e gli atteggiamenti personali suoi e delle altre persone. Ma non possiamo ridurre solo al mondo dei valori la matrice della visione ideale di uomo che dobbiamo desumere dall'ambiente storico in cui si vive e in cui dovr vivere anche il ragazzo/giovane. Questo significa non rischiare di far crescere persone che "non stanno al mondo", in quanto educate solo ad un'immagine utopica di uomo e di vita. Inoltre, altra polarit da cui desumere l'obiettivo, l'ambito in cui il cammino da percorrere si esplica. Una programmazione educativa di gruppo avr obiettivi e modi diversi da una di tipo scolastico istituzionalizzato, o da una di tipo sportivo. b) Come fissare l'obiettivo Il ruolo educativo dell'animatore risulta chiaro nel momento in cui fissa ed ha presente l'obiettivo globale, che lo motiva e lo giustifica nel suo agire educativo specifico. Egli dovr avere chiara la visione ideale di uomo alla quale ispirarsi continuamente e verso la quale procedere. Vogliamo esprimere cos questa immagine, indicandone dimensioni ed atteggiamenti fondamentali senza di cui avremmo una persona non completa. ( da inserire figura a pag 23 ) La figura di uomo a cui ci ispiriamo rappresentata dal Cristo, che ha saputo essere e vivere l'equilibrio tra le dimensioni dell'umanit piena. Ma nel momento stesso in cui pensiamo al Cristo, ci vengono alla mente molte persone e molte storie che testimoniano quanto questo cammino di liberazione, di partecipazione, di socializzazione, guidato dalla fede nel Dio della vita e dell'uomo, sia possibile e quali vette esso possa raggiungere. Quando si fissa a livello globale l'obiettivo, non si pu non tener conto del progetto divino che esiste su di noi e che proprio la presenza del Cristo sta a significare, sia come esempio che meta. Questo obiettivo che giustifica tutto il discorso, possiamo definirlo "utopico", stando ad un primo livello. c) Obiettivo ed esperienza di gruppo Il secondo livello dell'obiettivo determinato dalle dimensioni costitutive della persona che permettono di gettare un ponte operativo tra il fine e l'azione quotidiana, perch indicano le tappe ed il cammino a cui l'esperienza del gruppo deve tendere. Questo secondo livello dell'obiettivo va fissato dall'animatore e dal gruppo insieme, poich l'opera educativa di coscientizzazione va cominciata subito e poi per gradi va approfondita. Se il gruppo e l'esperienza che esso propone sono finalizzati al servizio delle persone, necessario partire, oltre che dall'immagine ideale di uomo e dal progetto di amore che Dio ha su di esso, dalla situazione in cui la persona stessa si trova, come soggetto e oggetto del processo educativo. La situazione di partenza dell'esperienza di gruppo rappresentata dalle domande presenti nei soggetti. Queste domande/bisogni non sempre sono espresse esplicitamente, e quindi sono di difficile identificazione. importante per l'animatore il grado di preparazione umana e di conoscenza dei ragazzi che ha come compagno di viaggio. Possiamo ricordare brevemente alcune domande/bisogni presenti nei ragazzi: - bisogno di identit (unit interiore, coerenza); - bisogno di libert-autonomia (conflitti con i genitori per l'indipendenza, scelte autonome); - bisogno di senso di vita (perch vivere?); - bisogno di partecipazione-comunicazione (bisogno di qualcuno che ascolti, confronto); - bisogno di socialit (apertura all'ambiente esterno). Per determinare in modo corretto la situazione di partenza necessario individuare questi bisogni, rendendo la persona sempre pi protagonista e consapevole della sua situazione e delle sue domande. In parole pi povere significa aiutare l'adolescente a fare luce dentro di s, scoprire la sua nuova identit, conoscere ed accettare dinamicamente se stesso con la propria dignit e il proprio valore di persona. Significa aiutare il ragazzo a progettare il suo avvenire sulla linea della libert personale, dell'amore per il prossimo, della partecipazione attiva e creativa nell'ambiente, e della vita di fede matura e motivante la vita. Possiamo allora esprimere l'obiettivo dell'esperienza curriculare del gruppo-giovanissimi in questi termini: "Educare l'adolescente a ristrutturare la sua identit personale aperta al sociale, illuminata dalla fede, alimentata-vissuta-sostenuta dai sacramenti e dalla vita nella comunit cristiana". Non inutile, pensiamo, richiamare l'importanza che questo obiettivo di secondo livello, cio ancora generale, ma gi raggiungibile in un tempo preciso come quello del cammino del gruppo giovanissimi, debba essere chiaro nell'animatore e piano piano si chiarisca anche nei ragazzi, che sono soggetti ed utenti di tutto il processo educativo. Vogliamo richiamare anche l'affermazione che l'animatore deve essere un "esperto in umanit" e amico vero dei suoi ragazzi. Non possiamo dimenticare che la situazione ed i bisogni di questa et sono facilmente manipolabili da influssi sociali, culturali, economici, e per questo l'approccio interpretativo e conoscitivo deve essere serio e profondo. 1.4.3.4. OBBIETTIVI INTERMEDI E PROGRAMMAZIONE Precisato l'orizzonte globale nel quale si muove l'esperienza del gruppo e determinato l'obiettivo specifico di essa, tenuto conto della situazione individuale e sociale delle persone, appare necessario fissare una scala di obiettivi intermedi per raggiungere l'obiettivo di secondo livello (esperienza globale) e l'obiettivo generale di primo livello (fine ultimo dell'educazione). Gli obiettivo intermedi di terzo livello sono quelli raggiungibili in modo progressivo, come tappe, per arrivare alla fine dell'esperienza di gruppo, e rappresentano momenti specifici della programmazione. Programmare significa distribuire spazio-temporalmente una serie di tappe. Perch obiettivi intermedi programmati Come si ricorda nell'introduzione al capitolo, programmare in modo educativo significa prevedere quali mezzi e quali scelte fare, finalizzare le scelte, razionalizzare i mezzi e le scelte, valutare se le scelte e i mezzi rispondono alle necessit di gruppo e conducono agli obiettivi. Programmare evita alcuni rischi: la frammentariet ed il soggettivismo. a) Fuggire la frammentariet La frammentariet il rischio di un cammino personale e di gruppo spontaneistico e non unitario, mancante di un minimo di progetto di base e provocante un'ulteriore situazione di frammentariet. L'attuale situazione culturale genera una persona divisa in se stessa, appartenente a molteplici ambienti socio-culturali (gruppo, famiglia, scuola, amici, compagnia, associazione sportiva, gruppo di lavoro...). I molteplici messaggi quotidiani portano il giovane ad assumere tutto, ad adattarsi passivamente e a non notare la necessit di una scelta per creare una unit interiore ed una identit personale equilibrata. grave che anche il gruppo contribuisca a questa situazione di disgregazione progressiva, mancando di una mediazione critica attraverso il riferimento ai valori umani fondamentali della libert e dell'amore. Il rischio della frammentariet forte nel momento in cui anche l'animatore si trova in una simile situazione e non sta vivendo in prima persona questo processo unificatore. compito dell'animatore richiamare e rifarsi ai valori-guida, aiutare a interiorizzare ed a personalizzare. Sia dentro che fuori il gruppo, egli deve indirizzare ad essi i suoi atteggiamenti ed i suoi interventi. Per superare il rischio di frammentariet il programma dovrebbe allora aiutare l'adolescente a: - maturare una sua vita interiore che lo renda capace di riflessione sulla propria realt personale e sociale, che lo faccia guardare con coraggio e fiducia dentro di s, per sviluppare tutte le sue potenzialit e liberarsi dei condizionamenti negativi che limitano il suo cammino umano; - divenire quindi capace di accoglienza, maturando un'apertura reale verso gli altri e verso l'ambiente circostante. b) Fuggire il soggettivismo Molti professano una libert senza legame alcuno, eleggendo la propria persona a giudice equo ed infallibile di tutto. L'esperienza di gruppo, quando alimenta atteggiamenti ed espressioni del tipo "faccio e scelgo ci che voglio", "quando me la sento", "ci che mi piace", "quando lo trovo comodo e mi interessa", perde ogni sua valenza educativa, in quanto non introduce una disciplina rispettosa della persona stessa e dei valori fondamentali professati e perseguiti. I vincoli morali, sociali, legali, spirituali, religiosi non possono essere non considerati dall'animatore perch essi danno l'esatta dimensione reale della libert e dell'amore umano, e per educare una coscienza capace di libert e di amore bisogna tenerne conto. Principi di metodo Abbiamo visto insieme "perch fare gruppo" (obiettivi globali ed intermedi), ma occorre anche un modo, un metodo per percorrere la strada che ci porta alla meta prefissata. Chiariamo subito cosa intendiamo per metodo. esso "quella particolare selezione ed organizzazione delle risorse disponibili e delle operazioni educativo-pastorali", in rapporto causale e non casuale per creare le condizioni favorevoli al raggiungimento dell'obiettivo prefissato, rispettando le varie situazioni di partenza. Detto questo, si potrebbe al limite accettare l'affermazione che ogni metodo che raggiunga le mete prefissate sia buono. Noi, nella nostra programmazione educativa, ci siamo attenuti ad alcuni principi che enunceremo poi, i quali ci sono serviti come riferimento e possono anche servire da schema nella valutazione e nella costruzione di altri modelli. Primo principio Distinguere tra quello che si vuol fare apprendere (un atteggiamento nelle sue varie componenti) ed il come farlo apprendere (modo ed esperienza di apprendimento). Significa saper distinguere tra quello che si deve dire, il modo di dirlo ed i tempi in cui si pensa di attuare l'acquisizione. Per quanto riguarda quello che si vuole comunicare (contenuti) dobbiamo imparare ad individuare i livelli caratteristici del messaggio: carattere logico; carattere psicologico-motivazionale; carattere dell'adattamento all'idoneit del ricevente. * Carattere logico: un giudizio di valore oggettivo e logico sul contenuto, e riguarda le ragioni per cui si pensa importante tale contenuto debba essere comunicato al ragazzo e sia da esso assimilato. * Carattere psicologico-motivazionale: si vuole qui valutare quanto di ci che viene comunicato interessi, stimoli, possa essere recepito e valorizzato da chi lo riceve. * Carattere dell'adattamento alla struttura conoscitiva del ricevente: un giudizio sulla possibilit di adattare i contenuti al grado di comprensione e di assimilazione dei ragazzi. Un animatore deve essere in grado di coordinare e rendere compresenti i tre caratteri metodologici nel presentare e comunicare i contenuti, senza estremizzare uno degli aspetti. Secondo principio Partire sempre dalla situazione dei ragazzi (idee, informazioni, capacit, possibilit, sensibilit, maturazione, interazioni, ecc.), piuttosto che dalle informazioni ritenute giuste e reali dagli animatori. Un metodo che non tiene conto della situazione delle persone rischia molto facilmente di mancare l'obiettivo, cio la trasmissione educativa. Terzo principio Essere disponibili alla pluralit delle persone e quindi attenti alla necessit di uno stile e metodo che sappiano indicare modalit e proposte pluriformi, che consentano al gruppo ed alle persone di trovare la possibilit di accesso ai contenuti nel modo pi consono ad ognuno. Quindi un metodo che: * prevede diverse modalit espressive (linguistiche, intuitive, logiche, simboliche, operative, di ricerca, di scoperta...); * alterna momenti di ricerca comune a momenti di riflessione e interiorizzazione personale; * flessibile rispetto alle necessit occasionali ed immediate che intervengono nel corso dell'esperienza di gruppo; * rispetta il pi possibile i tempi della maggioranza dei ragazzi e d possibilit di recupero anche agli ultimi ed ai pi in difficolt. 1.5. COME SI COSTRUISCE UN GRUPPO: IL CICLO VITALE 1.5.1. Premessa Riassumiamo brevemente i nodi cruciali emersi fino a questo punto. Siamo partiti dalla definizione di gruppo che come abbiamo visto definito essenzialmente dal modo in cui le persone per la relazione che hanno tra loro tendono a uno scopo. * Dalla sua relazione il gruppo, costruisce la sua storia, il suo cammino, la sua esperienza, e anche l'individuo cresce, si sviluppa in esso. Le relazioni altro non sono che il rapporto che i membri hanno con l'animatore, le comunicazioni tra i membri stessi, il rapporto che hanno con i valori e gli ideali del gruppo. * Un gruppo ha origine dal momento in cui si cominciano a porre quindi delle relazioni tra alcuni individui. Diventa solidale perch le relazioni sono intense e a tantissimi livelli: in tensione perch si verificano relazioni conflittuali; si divide perch ci sono fasci di relazioni pi intense di altre, muore perch sono venute meno le relazioni che lo costituivano. importante quindi saper valutare le diverse situazioni di un gruppo, come il comporsi o il realizzarsi e il rovinarsi di una relazione. * A questo punto abbiamo posto la nostra attenzione in modo particolare sul gruppo educativo. Emarginati dal mondo della cultura degli adulti, frammentati in se stessi, alla ricerca di una identit che dia unit alla vita, con domande, problemi e desideri loro tipici: questi sono i giovani di oggi. Educativo perch si caratterizza per "una tendenza e un orientamento allo sviluppo e maturit umana, sociale, spirituale dei suoi componenti". L'aspetto educativo emerge ancora dal carattere stesso di gruppo che il luogo di scambio dinamico di relazioni e di comunicazione. Luogo educativo stimolante privilegiato, dove un giovane pu rivedersi dentro e affrontare la questione sul senso della vita e soprattutto non da solo. * Il gruppo si definisce ancora dalle relazioni che lo legano all'interno perch accanto al gruppo c' la scuola, il lavoro, la famiglia, il mondo giovanile al quale i giovani sentono di appartenere e a cui non vogliono rinunciare. Non avrebbe senso isolare i giovani da ci che li circonda, informazioni, orientamenti culturali, anche perch il gruppo educativo ha come sbocco la societ degli adulti, se a questa deve preparare con questa che interagisce, da questa si lascia interrogare e mettere in discussione, perci il gruppo educativo una realt aperta e dialogante. * Si definito poi il gruppo ecclesiale come luogo dove il dono salvifico di Dio e la Chiesa incontrano il giovane, dove si esperimenta il dono gratuito della salvezza che elimina ogni distinzione tra gli uomini, dove si scopre che Dio ama ogni giovane e lo ama indipendentemente dalla sua risposta. Diventa mio incontro con Dio e il Suo Regno, adesione e accettazione della Chiesa come strumento di salvezza. * Si accennato di seguito alla programmazione intesa come la capacit dell'animatore di organizzare e correlare le risorse per raggiungere determinati obiettivi educativi a partire da una precisa situazione iniziale. Si rende necessario definire l'obiettivo finale verso il quale si orientano le singole decisioni e le azioni lungo il cammino. Quindi descrivere le risorse di cui si deve disporre che sono gli strumenti e le possibilit a disposizione di un animatore per conseguire l'obiettivo prefissato: l'animatore stesso con la propria maturit umana e spirituale; il gruppo con la sua concreta esperienza, con i carismi e le capacit di ogni singola persona, i materiali e le tecniche di animazione. 1.5.2. IL CICLO VITALE: CINQUE MOMENTI O FASI DELLA VITA DI GRUPPO 1.5.2.1. PRIMA FASE: DALLA DISPERSIONE ALLA AGGREGAZIONE FISICA a) Le motivazioni che spingono un giovane ad entrare nel gruppo parrocchiale sono molteplici. Ognuno spinto dal suo o dai suoi motivi per parteciparvi. L'animatore da parte sua sa dei diversi motivi aggreganti, quindi ne verifica la compatibilit con la sua proposta e aggiunge una motivazione in pi a quelle gi esistenti. Tale dispersione di partenza illustra bene la situazione di solitudine in cui ciascuno vive prima di aderire a un gruppo. b) In riferimento al vissuto individuale dei membri, e alle relazioni tra questi, individuiamo le caratteristiche della prima fase del gruppo: * uno stato di incertezza e di ansiet. Chi aderisce intuisce di affrontare un'incognita, di solito ha un rapporto aperto con poche persone del gruppo, gli altri non li conosce o li conosce poco. Per questo motivo quando si entra in un gruppo si prova un senso di incertezza e di ansia; * rapporti formali ed esteriori. Per il motivo detto sopra all'inizio si vivono rapporti per lo pi formali, non coinvolgenti. Ci si rifiuta di scoprirsi davanti al gruppo. c) Identifichiamo i bisogni prevalenti in questa prima fase. * Bisogno di appartenenza. Si stabilisce una situazione di dipendenza nei confronti degli animatori, in atteggiamento passivo e in attesa di direttive. Il giovane ha l'impressione che la sola persona in grado di comprenderlo e riconoscerlo sia l'animatore. Tale impressione in seguito si modificher e la soddisfazione degli stessi bisogni sar demandata al gruppo, nasceranno cos relazioni tra i componenti. In questa fase si prendono in considerazione i propri bisogni di appartenenza e le proprie aspettative, attraverso il gruppo si apprende il proprio ruolo all'interno della collettivit. L'appartenenza al gruppo dal punto di vista psicologico esige quattro cose: - un senso di sicurezza, - la possibilit di scaricare le proprie responsabilit, - di alleviare i sensi di colpa, - di liberarsi dalla paura e timidezza. * Bisogni affettivi e culturali. Con gli altri ci si pu divertire, si pu scherzare e passare il tempo in modo piacevole. * Bisogni religiosi. Il gruppo la possibilit concreta di vivere la fede con gli altri, di amare gli altri concretamente. Il gruppo garantisce la possibilit di una espressione della fede adeguata all'et, alle caratteristiche giovanili. la fede vissuta con i propri coetanei che offre la possibilit di una ricerca, di un confronto. * Bisogno di conferma delle qualit personali. L'aspettativa pi frequente che il gruppo riesca in quelle aree dove il singolo si sente limitato. C' l'aspettativa della conferma delle qualit personali e anche di alcuni difetti. Le aspettative spingono il giovane a lavorare all'interno del gruppo affinch vengano soddisfatte. L'animatore deve scoprire quali sono le conferme che ognuno desidera, fare in modo che in questa prima fase ognuno sia soddisfatto. In certi altri casi dovr saper riconoscere la causa del disegno che qualcuno pu manifestare senza riuscire a definirla. * Bisogno di difesa. Il gruppo pu servire per canalizzare impulsi e scaricare sensi di colpa che il signolo da solo non riuscirebbe a sopportare. Sinteticamente possiamo dire che nella prima fase i membri vivono rapporti tra loro deboli, precari, fragili, le amicizie e il loro contrario non sono qualcosa di duraturo e definitivo. Ognuno vive nei confronti del gruppo un'attesa di soddisfazione dei bisogni di accettazione e di approvazione che una disponibilit a donare qualcosa. Il gruppo non preoccupato di aprirsi all'esterno. d) Obiettivi per l'animatore Fare in modo che le relazioni di gruppo si aprano e si trasformino, nella scoperta che l'altro diverso da s, fino ad una conoscenza reciproca pi profonda. Aumentare le strutture e i canali di comunicazione fra i membri del gruppo. Conoscere le attese e i bisogni di tutti e fare il possibile per venire incontro ad essi proponendo le attivit pi diverse. Far sentire e provare ai membri che la strada intrapresa una cosa diversa, una novit. All'inizio bene che il gruppo non si ritrovi sempre in un unico luogo. La diversit dei luoghi aiuta a concentrare l'attenzione del gruppo su s stesso. importante trascorrere del tempo libero insieme, creare occasioni per incontri diversi e complementari. Occasionalmente confrontarsi su un fatto della vita, su una esperienza triste e gioiosa. L'animatore far in modo che ognuno esprima il suo parere personale, in prima persona. e) Alcune tecniche Suggeriamo alcune tecniche che possono risultare utili. Il biglietto curioso. Si distribuisce a tutti un biglietto. Su di esso ognuno scrive tre o quattro domande che vorrebbe rivolgere a qualche membro del gruppo. Poi si ritirano i biglietti, che vengono ridistribuiti casualmente. Successivamente ognuno risponder alle domande che ha ricevuto. Intervista con lo sconosciuto. I membri del gruppo scelgono la persona che pensano di conoscere di meno, e le fanno un'intervista. Ci si divide quindi in coppie e si danno sei o sette minuti per intervistarsi a vicenda. Dopo, I'intervistatore far sapere al gruppo quanto venuto a conoscenza. La foto per il mio identikit. Da una serie di fotografie (si vedano ad esempio alcune pubblicazioni Elle Di Ci) vengono scelte le fotografie che possono offrire pi facilmente una possibilit di identificazione (simboliche, di lettura introspettiva). Tra queste, ognuno sceglie una o al massimo due foto per descrivere s stesso; e con queste si presenta al gruppo. La stessa cosa si pu fare con una serie di diapositive opportunamente scelte. La finestra di Johari. La tecnica si basa sull'intersezione di quattro variabili: quello che gli altri sanno di me, quello che gli altri non sanno di me, quello che io so di me, quello che io non so di me. --------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- LA FINESTRA DI JOHARI --------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- Quello che io Quello che io conosco di me non conosco di me --------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- Quello che gli altri 1. Area conosciuta 2. Area sconosciuta conoscono di me nomeabitazionefamiglia atteggiamenti posto di lavoro comportamenti struttura fisica modi di gesticolare idea manifesta modi di agire e parlare progetto di vita --------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- Quello che gli altri 3. Area nascosta 4. Area occulta non conoscono di me segreti intimi aspetti a livello inconscio carattere profondo meccanismi inconsci motivazioni nascoste di difesa aspettative atti non coscienti problemi privati e personali --------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- Tutti, prima di iniziare un processo di comunicazione e di apertura reciproca, abbiamo un predominio delle aree 2, 3, 4. L'apertura agli altri ci porta ad aumentare l'area 1. Una profondit maggiore di conoscenza reciproca porta a un accrescersi dell'area 1. In gruppo si chiede a ciascuno di enunciare due aspetti del proprio 'io conosciuto' e due aspetti del proprio 'io intimo'. Gli altri diranno di ciascuno due aspetti dell' 'io sconosciuto'. L'animatore curer che tutto avvenga in modo serio, anche se non in tono patetico e drammatico. Successivamente si rifletter sulle sensazioni provate nel manifestare gli aspetti personali pi nascosti al gruppo, oppure sul perch non si stati disposti a manifestarsi agli altri. Si potranno chiedere spiegazioni circa la differente percezione che si ha di s stessi ('quello che io credevo di essere', e 'quello che gli altri mi attribuiscono'). Il percorso cieco. Si formano delle coppie possibilmente tra persone che non si conoscono ancora bene. A turno una delle persone viene bendata agli occhi in modo da non vedere niente. Quindi si prendono per mano. Quella che vede, deve condurre l'altra attraverso un percorso tortuoso e ad ostacoli, senza parole o strumenti che non siano le mani. Per eliminare la falsit della 'gentilezza' si pu impostare il gioco sulla competitivit. Al termine si chieder cosa si provato nel condurre o nell'essere stati condotti. Foto di gruppo. Si immagina di fare una fotoricordo. Liberamente si sceglie una o due persone con cui si vorrebbe farla. Se si fa di notte, si possono spegnere le luci mentre le persone si dispongono davanti al gruppo come vorrebbero essere 'ricordate'. A un certo punto si accendono per alcuni istanti le luci per simulare il flash. Poi tutto ritorna come prima. Quando tutti sono passati, si descrive come ognuno vorrebbe essere conosciuto e 'ricordato' dal gruppo. Il riconoscinento. A occhi chiusi ci si muove per la stanza. A un ordine ci si blocca, e a un ordine successivo ci si muove. Ci si ferma con il primo che si incontra, e solo con l'uso delle mani e in silenzio si cercher di riconoscerlo dai lineamenti del suo volto. Si dir il nome, e l'interessato rispondera 'si' o 'no'. Quindi si passer, sempre tenendo gli occhi chiusi, a un altro. L'animatore ricordi che queste tecniche devono essere usate con attenzione, avendo cura di creare un ambiente di seriet e di rispetto reciproco tra le persone. Non permetta mai che qualcuno derida o disprezzi un altro, e taccia in modo che ciascuno sia accettato con la sua originalit. * Per altre tecniche cf B. GROM. Metodi per l' insegnamento della reliogione, la pastorale giovanile e la formazione degli adulti. Elle Di Ci 1982 e il libro: MARTIN JELFS. Tecniche di animazione, ivi 1986 soprattutto al cap. 'Esercizi e tecniche per apprendere a lavorare insieme' (pp 3044) e al cap. 'La comunicazione affettiva nel gruppo' (pp 75102). f) Ognuno ha la sua personalit ( De vanna pp 121-124 ) 1.5.2.2. SECONDA FASE: DALL'AGGREGAZIONE FISICA ALL'APPARTENENZA a) un momento fortemente emotivo e soddisfacente, l'adolescente comincia a provare il gusto della libert, della novit e della emancipazione, il trovarsi insieme tra coetanei per divertirsi e fare qualcosa insieme senza essere sottoposti al giudizio degli adulti diventa estremamente gratificante. Si ritrova in un ambiente vario, libero e dinamico dove la sua personalit riconosciuta, la famiglia non pi l'unico mondo. una fase che comunque destinata ad andare in crisi. Si scopre ben presto che esistono differenze che rendono difficile un'amicizia veramente profonda con tutti. L'accettazione dell'altro non cos spontanea e facile. Per continuare a stare con gli altri occorre qualcosa di pi che il solo piacere di stare insieme. Occorre qualcos'altro da aggiungere all'amicizia. A determinare o ad aggravare la crisi di coesione raggiunta nella prima fase intervengono le esigenze che la vita di gruppo lentamente comincia ad imporre ai singoli. Si esige a questo punto un modo di pensare e di agire meno egocentrico, si manifesta l'esigenza di collaborazione anche con chi meno simpatico, di distribuzione degli impegni. Queste esigenze impegnano un nuovo riadattamento di s stessi, si tratta di decidere, di scegliere tra s ed il gruppo, tra chiusura dentro di s e apertura verso gli altri, tra simpatia spontanea e coscienza razionale, tra desiderio e rinuncia, tra onnipotenza individuale e riconoscimento dei propri limiti ai fini della collaborazione. b) Il gruppo si frantuma Il passaggio da un gruppo molto informale a uno pi definito non una decisione che trova tutti facilmente disposti e in grado di compierla. C' chi continua a inseguire i propri interessi e non sente il bisogno di andare avanti, chi usa il gruppo come paravento o come area di parcheggio e chi lo vive come qualcosa di sempre pi totalizzante. Si formano dei sottogruppi, dall'impegno si passa alla passivit. A questa situazione di frantumazione possono concorrere anche fattori affettivi. Le amicizie si trasformano in gruppi di potere, cos che la proposta di uno ha facilmente l'appoggio degli amici creando notevoli interferenze sull'appartenenza, costituendo una barriera inconsapevole nei confronti degli altri. Stesso effetto pu essere causato dalle coppie che possono essere avvertite come un indebolimento della coesione, della funzionalit; pu apparire che utilizzino il gruppo in maniera strumentale. Anche l'animatore dopo qualche tempo dall'inizio pu contribuire a determinare una situazione di crisi. Se ne scoprono i limiti, emergono conflitti fra domande del gruppo e quadro di riferimento dei valori dell'animatore; emerge la necessit di reperire un nuovo modo di comportamento. La crisi degli inizi causata dalle ambiguit in cui si muove il gruppo al momento della sua formazione, i membri non pensano che si chieda loro di rinunciare a qualcosa o di dare qualcosa, al contrario si pensa di andare a prenderla. Ci spesso casua di tensioni. Man mano che passa il tempo il gruppo si d nuove regole, stabilisce ruoli, distribuisce compiti e responsabilit, fa in modo che tutti possano partecipare alla sua vita. c) Nascita delle regole Dopo qualche tempo che si vive insieme, nasce spontaneo la necessit di avere delle regole di comportamento, si rendono necessarie proprio perch il gruppo ritrovi se stesso. Vi sono diversi titpi di norme: - norme esplicite: sono palesi, per lo pi discusse; su queste il gruppo ha trovato un consenso; - norme implicite: regole non discusse a motivo della loro ovviet; - norme organizzative: regolano la vita esteriore del gruppo, sono le prime ad emergere. \ Esempio: si stabilisce chi legge la preghiera, chi deve informare gli altri di qualche decisione, ecc.; - norme che definiscono i ruoli: riguardano il ruolo che ogni membro deve assumere: regolano il comportamento del verso l'animatore; - norme che definiscono contenuti e valori del gruppo. d) Tipo di rapporto Con la definizione dei ruoli viene anche a stabilizzarsi tra i membri e l'animatore un particolare tipo di rapporto che pu manifestari nei seguenti atteggiamenti: - di attiva collaborazione > dipendenza - di approvazione > contro-dipendenza - di passiva esecuzione > passivit Accettare il gruppo significa accettare i limiti del proprio agire, accettare di modificarsi, di adeguare il proprio comportamento, significa mettere a confronto le proprie convinzioni e prospettive. Questo dinamica pu essere avvertita come nostra per la persona che teme di perdere la propria identit contro le pressioni e la ricerca di spazi di autonomia individuale. L'animatore far in modo che le singole regole vengano assorbite gradualmente a mano a mano che procede il lavoro con il gruppo, ogni volta ad esempio che non viene praticato il comportamento deciso da una delle regole. L'animatore pu consegnare ai signoli partecipanti una copia scritta delle regole fondamentali scelte per il gruppo, una specie di "Magna Charta", dei suoi diritti e doveri. Si deve preoccupare che vengano conosciute, chiarite e prese a cuore quanto prima nella vita di gruppo. In seguito tali regole diventeranno quasi una cosa scontata, un sisteman abituale di norme di interazione che rendono possibile un pi altro livello di comunicazione nel gruppo. e) La rete di comunicazione A questo punto introduciamo per miglior chiarezza il concetto di rete di comunicazione che non nient'altro che la trama dei possibili rapporti di comunicazione tra le persone che danno vita al gruppo. Nei sistemi viventi con il termine canale si intende un collegamento che consente il passaggio dell'informazione dal trasmettitore al ricevente, ogni canale ha la sua profonda capacit di trasmissione. La capacit della rete data allora dalla capacit di quel canale che tra tutti quelli che lo compongono possiede le capacit minime. Applicando questa considerazione ai gruppi umani si deve dedurre che le capacit di comunicazione della rete di un gruppo pari a quella del suo membro che la possiede in misura minore. L'ultimo, il povero del gruppo, la misura della capacit di comunicazione del gruppo. Lo schema della rete costituito dalla disposizione gerarchica dei membri del gruppo. I gruppi umani si strutturano secondo un numero limitati di schemi e di loro varianti. I principali vanno sotto il nome di: centralizzato o piramidale, a catena, circolare, stellare, cui rappresentano situazioni psico-sociali, politiche costituzionali. Lo schema stellare tipico dei gruppi democratici. Ogni membro del gruppo pu entrare senza problemi in rapporto con tutti. L'aspetto pi significativo dato dalla omogenea ripartizione dell'informazione, del potere e dell'autorit tra tutti. Lo schema richiede, al di l della sua apparente semplicit, una serie di regole, di norme e modalit organizzative complesse per consentire la effettiva realizzazione pratica. Al suo interno pu avvenire una differenziazione di ruoli, conseguenza di una effettiva partecipazione di tutti alla vita del gruppo. f) Il gruppo nelle sue relazioni all'interno e all'esterno All'interno. In questa fase il gruppo sembra muoversi alla ricerca di una propria identit. Ci avviene mediante uno spostamento della ricerca di una gratificazione personale e individuale verso la ricerca di una identit di gruppo. Tale spostamento di prospettiva non avviene in modo pacifico e tranquillo, ma attraverso un continuo confronto tra i membri e con l'animatore. L'obiettivo viene raggiunto quando il gruppo riesce a darsi norme e regole che ne definiscono il comportamento. Questo risultato non deve essere identificato in un fatto semplicemente formale o nelle proposte che pu fare l'animatore, ma in una lenta maturazione che si svolge attraverso il confronto e le varie esperienze. All'esterno. In questa fase il gruppo ancora chiuso in s stesso. Non si preoccupa eccessivamente di un suo inserimento efficace e significativo nell'ambiente circostante. Se lo fa, pi per provare e verificare qualcosa che non per porsi come interlocutore critico e costruttivo. Gli manca ancora la solidit che deriva dalla coesione e da un progetto organico. E' chiaro che non gli si deve togliere il confronto con l'esterno; Ci tuttavia deve essere visto pi come un'esperienza che serve a fare gruppo che come un'effettiva e organica azione verso lo esterno. - Problemi. Rileviamo due problemi che risultano significativi di questa 2^ fase: * Rapporto gruppo vita individuale. Poniamo l'attenzione su coloro che mettono all'ultimo posto il gruppo, anteponendo ad esso gli impegni scolastici, familiari, sportivi, ecc. Purtroppo questo atteggiamento dovuto alla realt frammentaria in cui si trova a vivere il ragazzo. E' opportuno non essere troppo ossessivi nel richiedere una maggiore presenza ed impegno, ma chiarire con molta fermezza che ognuno ha un ruolo nel gruppo ed importante che ognuno porti il suo contributo e questo non solo perch a vantaggio di tutti, ma perch nella misura in cui uno d che cresce interiormente ed impara ad amare, altrimenti rimarr sempre un adolescente egoisticamente chiuso nel suo mondo. * La presenza di sottogruppi amicali e di "coppie". Pu presentare qualche problema all'animatore soprattutto quello della "doppia appartenenza". Di per s i due legami non si elidono o contrappongono. Tuttavia in questa fase possono non armonizzarsi. Ci sembra che una opposizione totale dell'animatore non avrebbe alcun risultato positivo se non quello di allontanare dal gruppo le persone interessate. La migliore strada forse quella di tener conto di esse traendo da queste situazioni delle opportunit educative. - Obiettivi per il gruppo. Passare dalla conoscenza reciproca all'accettazione dell'altro. Favorire e suscitare il sorgere di una differenziazione complementare di leadership. Raggiungere una definizione sufficiente degli obiettivi, delle regole e norme di comportamento. Trovare alcuni elementi oggettivi di condivisione, cominciare cio a sperimentare la condivisione. g) Indicazioni per l'animatore Costruirsi un sociogramma di gruppo. Raccogliendo svariati elementi di cui a conoscenza, I'animatore deve riuscire a individuare le diverse funzioni che ogni membro svolge. Deve capirne la posizione, scoprire dove ci pu essere maggiore conflittualit o carenza di comunicazione, dove e su chi si concentrano maggiormente le relazioni, dove stanno gli isolati ed emarginati, ecc. Su questo modello egli cercher di adeguare i propri interventi per migliorare la situazione. Far s che ci sia tolleranza. Pu succedere che l'accettazione dell'altro non sia proprio rivolta a tutti, e che le qualit di qualcuno suscitino invidia o rifiuto, o che nell'approfondimento di qualche valore si trovino posizioni contrastanti. Ci non deve meravigliare l'animatore. Egli per non deve solo assistere indifferente, ma deve assumere il ruolo di garante della tolleranza e della mediazione. Tale ruolo sar esercitato nel richiamo del rispetto reciproco, e facendo notare che diversit non deve significare impossibilit di convivenza. Favorire l' espressione del gruppo su qualsiasi argomento e il confronto di chiarimento. A questo scopo importante che un animatore sia capace di preparare e condurre delle riunioni, sappia fare delle sintesi, individuare gli orientamenti del gruppo, stare attento al peso che pu avere sulle decisioni, rilanciare su certi punti un approfondimento, dare spazio di parola a chi non si esprime mai o ha paura a farlo. Stimolare e far emergere, qualora non lo faccia, la ricerca di valori oggettivi condivisi. - Nella 'tavola' a parte riportiamo una serie di indicazioni che possono aiutare per cogliere i segni di una apertura progressiva delle persone verso il gruppo. COMPORTAMENTI DI GRUPPO CHE INDICANO FIDUCIA E APERTURA Elevata frequenza di Elevata frequenza di -- Espressioni riguardanti la situazione di -- Espressioni aneddotiche. adesso, del momento. -- Apertura personale. -- Espressioni che non mettono allo scoperto se stessi (ermeticismo personale) -- Le persone del gruppo richiedono e -- Le espressioni di apertura persona approvano espressioni di apertura le sono bloccate, rifiutate, ignorate. personale. -- Le persone dicono cose personali, ri -- Conversazione vaga riguardante al guardanti proprio s stesse. tre persone. -- Le persone chiedono impressioni ed -- Le persone troncano le espressioni esprimono impressioni di quello che riguardanti le impressioni di ci che detto. stato detto o le rifiutano. -- Le persone chiedono aiuto per l'at -- Le persone del gruppo danno poco tivit in cui sono impegnate. peso al problema o attivit in cui sono impegnate -- Partecipazione spontanea e non sugge -- Silenzio. rita. -- Le persone si incoraggiano vicendevol -- Espressioni difensive. mente. h) Strumenti Non ridurre la vita di gruppo a riunioni e discussioni, ma cercare una variet di modi di stare insieme. Essi dovranno servire a far emergere le diverse leadership: organizzative, festaiole, spirituali, culturali... Trovare, quando avvertita questa necessit, momenti che puntualizzino la vita di gruppo. Questi momenti di incontro potranno riguardare la revisione di cose fatte, saranno un chiarimento di tensioni o incomprensioni interpersonali, potranno essere un richiamo dell'animatore all'osservanza di regole decise da tutti... Introdurre elementi di presa di coscienza di qualche valore che si intende vivere. La riflessione su qualche 'universo parziale' sia fatta avendo in mente una compatibilit di prospettiva, e abbia riferimento a un'esperienza o problema vissuto e sentito, con un'applicazione esperienziale pratica che verifichi le cose dette e su cui si riflette. Dare la parola agli scontenti e agli emarginati del gruppo. Ci non significa soltanto dar loro la possibilit di parlare, ma anche di poter esprimere, fare, realizzare cose che sono loro pi consentanee, trovando anche, fin dove possibile, il gradimento e la collaborazione. A mano a mano che se ne presenta la necessit opportunita, estendere la corresponsabilit della conduzione del gruppo. In questo l'animatore dovr stare attento a due estremi. Il primo quello di attendere che le persone siano capaci di adempiere un compito perfettamente prima di affidarlo loro; il secondo quello di dare qualcosa da fare e abbandonarli alla loro responsabilit, salvo poi rimproverarli di non essere stati capaci di condurla bene a termine. Nell'attribuire certe responsabilit l'animatore non solo dovr prima individuare le capacit, ma anche rimanere accanto per il tempo necessario affinch l'interessato apprenda a compiere adeguatamente il compito che chiamato a svolgere. i) Alcune tecniche Oltre alle cose gi dette, indichiamo alcune tecniche che in certi momenti possono risultare utili per il raggiungimento degli obiettivi. L'animatore dovr stare attento a valutare che le cose siano ben accolte e che, nel momento in cui le propone, il gruppo sia capace di compierle, ne veda l'utilit e lo scopo. Per motivi di spazio non possiamo dilungarci in una descrizione troppo particolareggiata. Le aspettative di ruolo. Su un pezzo di carta posto visibilmente sulla fronte di ciascuno scritto un ruolo, del tipo: 'il comico: ridete!'; 'il saggio: chiedetemi consiglio!'; 'Lo stupido: deridetemi!'; 'L'insignificante: ignoratemi!'; 'L'importante: sottolineate ci che dico!'; 'L'autoritario: obbeditemi!'. . . Ognuno conosce e vede il ruolo dell'altro, ma non il proprio. Quindi si d un argomento di conversazione. Ad esempio: la discussione di un cinema che tutti hanno visto o di un articolo di giornale. Naturalmente si dovr stare attenti che ci avvenga con seriet e non per ridere o per prendere in giro le persone. Dopo un tempo di discussione (20 o 30 minuti) si apre la riflessione su ci che ognuno ha vissuto o provato: 'Vi siete accorti immediatamente del ruolo che vi si attribuiva? Quando ve ne siete accorti, vi siete adattati immediatamente a quello che vi si chiedeva o avete reagito? Cosa avete provato quando vi siete trovati mal interpretati? Vi venuto il desiderio di ''ritirarvi'' dal gruppo quando vi ignoravano?'. Nella discussione si dovr stare attenti a non discutere del ruolo che a ognuno stato attribuito (cio a non metacomunicare), ma a parlare sempre dell'argomento stabilito trattando ogni persona sul ruolo che deve svolgere. La citt assediata (o il capro espiatorio). La piccola citt medievale di Trotzburg stata occupata dagli abitanti di Hochburg. Questi incolpano i cittadini di Trotzburg di aver assassinato un commerciante e chiedono entro mezz'ora la consegna dei colpevoli. I partecipanti chiamano a confronto cinque cittadini che sono tutti immischiati nella faccenda e devono decidere chi dei cinque va presentato come colpevole principale. La situazione costruita in modo tale che tutti sono corresponsabili, ma praticamente scaricano tutta la responsabilit solo su uno. Come io ti vedo (o il ruolo che ti attribuisco). Ciascun membro del gruppo sceglie tre o quattro persone, facendo in modo che nessuno resti escluso. Per ottenere ci, si pu procedere in questo modo. Vengono attribuiti in ordine successivo numeri da uno a quattro. Poi tutti i numeri uno prendono nelle loro scelte i numeri quattro; i numeri due scelgono i numeri tre; i numeri tre scelgono i numeri uno; e i numeri quattro scelgono i numeri due. In tal modo ognuno avr scelto (per un gruppo di sedici persone) quattro membri. Successivamente ciascuno prende dalla raccolta di fotolinguaggio una foto per ciascuno dei compagni scelti, e gliela consegnera dicendo:'Io ti vedo cos...'. Ognuno riceve la sua foto, e poi si spiegher il perch dell'attribuzione e se ci si trova d'accordo o no con quello che gli altri hanno attribuito. '...Ti vorrei per...'. Ogni membro ha tanti biglietti quanti sono i compagni (escluso s); e su ognuno dei biglietti, riferendosi a ciascuno dei compagni, scriver: 'Ti vorrei per...'. I biglietti piegati vengono consegnati a ciascun interessato (ognuno cos ne avra, in un gruppo di sedici, quindici), senza che egli sappia chi li ha scritti. Dopo la consegna i biglietti vengono letti, e se sar opportuno potranno essere resi pubblici. I miei ruoli e i miei comportamenti. Individualmente i membri sceglieranno i ruoli che ordinariamente si trovano a svolgere: studente, figlio, amico, il primo della classe, credente, 'spaccone', 'allegrone', emarginato, controdipendente... Scelti i principali, in gruppo si troveranno i comportamenti che sono sintomatici di questi ruoli, secondo lo schema qui riportato. ________________________________________________________________________________ LA DETERMINAZIONE DEI RUOLI ---------------------------------------------------------------------------------------------------------------- Ruoli Che cosa si fa Che cosa si fa quando ci si trova quando ci si sente frustrati in questo ruolo? nell'esercizio di questo ruolo? Emotivo__________________________________________________________________________ Autoritario_______________________________________________________________________ Emarginato_______________________________________________________________________ Organizzatore_____________________________________________________________________ Antipatico________________________________________________________________________ Simpatico________________________________________________________________________ La legge del 'darericevere'. Obiettivo. Toccare con mano alcune delle esigenze di un buon lavoro di gruppo; studiare i diversi modi di prendere le decisioni nel gruppo. Materiale. Un cartellone e un pennarello; per ogni cinque persone, un piccolo tavolo (se possibile) e cinque buste, come sottoindicato. Tempo. Circa un'ora (5 minuti di introduzione, 20 di lavoro, 2030minuti di verifica). Come preparare le buste. Per ogni gruppo di cinque persone ci sar bisogno di 5 buste etichettate dalla A alla E e cinque quadrati di cartoncino sottile di 6 cm di lato. Se fosse possibile si potrebbe assegnare un colore a ogni gruppo e alle sue cinque buste (rosa A, rosa B, rosa C... ). Per ogni gruppo si ritagliano cinque quadrati esattamente come nello schema qui sotto. Busta A: o p d a Busta B: a a a a c Busta C: a m b g h b Busta D: n f c h Busta E: b e g (schema 'quadrati' p 79 camoglio) Ogni taglio tocca un angolo o la met di uno dei lati. E' essenziale che si misuri e si tagli accuratamente il materiale. Etichettate i pezzetti come indicato e metteteli nelle buste corrispondenti. Procedimento. I partecipanti si dividono in gruppi di cinque. Se non ci sono abbastanza persone, alcuni possono avere due buste; se invece le persone sono troppe, alcuni devono dividere la busta con qualcun altro. Ogni gruppo di cinque prende tutte le buste di un colore, e ogni persona ne prende una. Vengono poi annunciate le seguenti regole che verranno anche trascritte su un cartellone: - non si parla; - non si gesticola, non si sorride, non si brontola, ne si fa qualsiasi smorfia o gesto; - nessuno pu toccare ne prendere un pezzo appartenente ad un altro; - si possono dare alcuni o tutti i pezzi agli altri membri del gruppo. Si suggerisce un limite di tempo di 20 minuti. Ricordate ai partecipanti che le lettere sui pezzetti sono irrilevanti ai fini del gioco. L'obiettivo dei gruppi naturalmente quello di completare i cinque quadrati. Osservazioni. Guardando il disegno dei cinque quadrati l'esercizio sembra molto semplice. Ma in pratica di solito si combinano solo tre o quattro quadrati, mentre gli altri pezzetti proprio non si riesce a metterli insieme. Almeno fino a quando i partecipanti non arrivano a rendersi conto che il desiderio individuale di fare un quadrato secondario rispetto al compito del gruppo di completare cinque quadrati. Senza uscire dalle regole generali del gioco, ogni gruppo pu inventarne altre. Per esempio, i membri potrebbero decidere (senza parlare o gesticolare) di passare tutti i pezzi a uno di loro. Quella persona per, mentre non deve pi aspettare che gli altri le diano un pezzo alla volta, non pu pi neppure servirsi della loro collaborazione. Una variante dell'esercizio consiste nell'utilizzare regole diverse da gruppo a gruppo. Ecco due possibilita: -- 'Libert per tutti'. All'interno di ogni gruppo permesso parlare, gesticolare, prendersi i cartoncini. Di solito questi gruppi finiscono per essere dominati da uno o due membri; questo accadr di sicuro se c' un p di competizione tra gruppi. -- 'Legge e ordine'. Vengono stabilite regole e ruoli molto precisi per il gruppo: un capo prender tutte le decisioni, uno sposter i cartoncini e sar l'unico a poterli toccare, tre consiglieri dovranno essere individualmente consultati dal capo. Se tutti e tre i tipi di gruppo lavorano simultaneamente (il che richiede 30 o 45 persone), il confronto tra i risultati raggiunti potrebbe essere molto interessante per una discussione su come sono state prese le decisioni o sulla struttura che si dato il gruppo. Si descrivano, di un gruppo che si conosce, le norme esplicite e implicite presenti in esso e i ruoli assunti da alcuni membri. I DESCRIZIONE DELLE NORME DI GRUPPO Aree Ruoli Norme esplicite Norme implicite * Si potr trovare quello a cui abbiamo accennato in: B. GROM, Metodi per l' insegnamento della religione, la pastorale giovanile e la formazione degli adulti, Elle Di Ci, e in: E. SPALTRO - RIGHI, Giochi psicologici, Celuc Libri. Milano 1980. 1.5.2.3. TERZA FASE : DALL'APPARTENENZA ALLA COESIONE E PROGETTO a) Superati i principali problemi tra i componenti del gruppo (tensioni interne, difficolt di comunicazione, relazioni impacciate o conflittuali), raggiunto un buon grado di affiatamento e un minimo di organizzazione interna, il gruppo matura oltre, verso la realizzazione di un suo progetto o verso un suo consolidamento. Emerge a questo punto il bisogno di elaborare un progetto e di realizzarlo. Per "progetto" intendiamo i valori ideali a cui il gruppo si ispira, o il quadro di riferimento globale che esso si costruisce per valutare le proprie iniziative e decisioni. Il momento in cui il gruppo scopre di avere bisogno di un progetto che qualifichi la sua azione, segna un salto qualitativo nella sua vita. Ora non e pi orientato al suo interno a risolvere i conflitti che lo travagliano, ma si confronta con il mondo esterno, con la realt che lo circonda. Questo spostamento di centro di attenzione spinge il gruppo a trovare la ragione d'essere di se stesso in un orizzonte pi ampio, ossia nella presenza pi viva, diretta e consapevole all'interno della societ in cui i giovanissimi sono inseriti. Non che prima d'ora non avesse un progetto, dei valori condivisi, ma ora essi diventano insufficienti, perch vissuti soltanto nel ristretto e limitato ambito del gruppo o perch ora il gruppo deve scoprire la rilevanza sociale di quel progetto. Il progetto rende espliciti e comunicabili i valori su cui il gruppo converge. Il progetto programma e ordina l'attivit del gruppo, determina lo scopo del suo esistere e gli fornisce una identit chiara e concreta. Ma l'individuazione di un progetto non qualcosa che il gruppo trovi bell' fatto, invece il punto d'arrivo di una lunga maturazione, di discussioni e di attivit svolte autonomamente o in accordo con altri gruppi della parrocchia (iniziative, uscite, feste, ecc.). Queste microrealizzazioni sono di grande imporatnza perch aiutano a concretizzare quanto viene raggiunto a livello teorico, abituano a vivere nei propri atteggiamenti lo stile di vita che il gruppo si sforza di trasmettere e rispondono al bisogno di praticit presente nell'adolescente. Per questi motivi la sua elaborazione pu essere lunga, faticosa e risentire anche delle tensioni esistenti tra i componenti del gruppo. L'individuazione del progetto, in definitiva, coincide con la definizione dell'obiettivo generale del cammino, obiettivo che non viene focalizzato soltanto dai giovani, ma che primariamente viene colto dall'animatore sin dall'inizio del suo servizio. b) La buona interazione all'interno, il molto tempo passato assieme e le esperienze acquisite danno la possibilit al gruppo di elaborare un piano di azione coerente ed approfondito. E' il momento della apertura alla realt sociale che presente attorno al gruppo. Evidenziamo una doppia valenza: il ragazzo si educa, matura nel contatto con i problemi, fatti, testimonianze che gli parlano di un mondo piu grande del suo 'io ristretto' ed insieme il ragazzo ed il gruppo acquisiscono la dimensione della partecipazione. A seconda della scelta di campo il gruppo pu riferirsi alla chiesa ( parrocchia, centro giovanile, diocesi, ecc..), alla societ civile ( quartiere, paese, ecc.) o ad una particolare fascia di necessit ( handicappati, cultura, sport, anziani, giovani, ecc..). Dato l'alto grado di coesione e di chiarificazione raggiunto, facile che il primo incontro con gli 'altri' sia caratterizzato da un atteggiamento critico, contestatore, teso ad assumere in proprio le iniziative, a non prestarsi ad una collaborazione, ad un confronto dialogico. In questo momento, dopo una presa di coscienza pi realistica di s e delle proprie possibilit, il gruppo, se ha formulato una cultura di mediazione, sar in grado di camminare verso una profiqua collaborazione con gli altri e con gli altri gruppi. c) Due puntualizzazioni: coesione e coerenza. Vogliamo qui soffermarci su due aspetti della vita di un gruppo che nella fenomenologia della terza fase abbiamo dato per scontati, ma che per l'importanza di ci che sottendono vanno richiamati: * La coesione - E' un punto d'arrivo della vita di gruppo, ma le sue premesse sono gi presenti dall'inizio, con la conoscenza reciproca,con la simpatia, con le prime cose fatte insieme... Coesione questo legame relazionale, profondo e stabile, con l'altro e con gli altri nel gruppo. Essa implica la possibilit di scambiarsi emozioni e informazioni senza l'utilizzo di pregiudizi o di frasi fatte. L'altro accettato e riconosciuto come amico, non come un potenziale aggressore, n come una persona indifferente: un amico da cui avere aiuto, comprensione, riconoscimento. - La coesione un punto di arrivo, ma pu anche essere vista come condizione previa per l'identit del gruppo. Se la coesione una rete fittissima di relazioni interne in cui tutti sono fortemente coinvolti, allora il gruppo pu essere considerato veramente come una "unit" particolare. Ci chiaramente percepibile quando qualcuno del gruppo attaccato dall'esterno, o quando deve fare qualcosa, tutto il gruppo reagisce in difesa o agisce solidarmente. - La coesione permette l'elaborazione e il perseguimento di obiettivi gi fissati; d'altra parte, obiettivi scelti organizzano e orientano la coesione del gruppo. Inizialmente la coesione e gli obiettivi molto elevati, per una idealizzazione delle possibilit del gruppo, possono dar luogo ad uno stato di "infatuazione" o di "ebbrezza". Il gruppo crede nelle sue capacit, crede nella raggiungibilit delle mete che si prefigge, sicuro della sua onnipotenza. Questo momento per destinato ad un ridimensionamento e quindi ad una fase di "delusione", e cio ad una percezione pi realistica di s stesso e dei propri obiettivi. La causa pu essere una incrinatura della coesione o l'elevatezza degli obiettivi o difficolt reali che si incontrano lungo il percorso. Queste oscillazioni non vanno viste in modo negativo, ma sono invece educativamente molto importanti. I momenti di esaltazione e di successo sono occasioni per accrescere la fiducia e la coesione del gruppo. - La coesione porta ad avere pi fiducia nel gruppo che nell'animatore, ad una distribuzione pi equilibrata delle relazioni; ma nel momento della delusione a lui che si ricorre per uscire dalla secca in cui si trova. ~ ~ _ - La coesione fornisce al gruppo la possibilita di presentarsi all'esterno come un interlocutore, con "pretese " di fronte alla societ. Sono pretese critiche, di cambiamento, di orientamenti diversi alle cose. Soprattutto nel momento"esaltante" il gruppo ha nei confronti dell'esterno un atteggiamento contestatore, innovatore, propositivo, non permeabile, tendente ad assumere in proprio e a voler gestire secondo le proprie regole "il da farsi". Non accetta critiche, collaborazioni esterne, n una posizione di sudditanza. Data questa posizione, non facile per il "mondo esterno" aprire inizialmente un dialogo con il gruppo. Solo successivamente quando il gruppo avr constatato i propri limiti e torner ad un maggior realismo, la relazione pu diventare pi fruttuosa. * La coerenza. Anche il gruppo chiamato ad ordinare ed appoggiare secondo i valori fondamentali tutto ci che mette in discussione la persona nelle esperienze in cui vive nei vari ambienti. - La coerenza nelle motivazioni. Finora il gruppo pu aver proceduto sospinto dalla gratificazione che ciascun membro riceve. Tuttavia si sente sempre pi la necessit di motivazioni pi ampie, pi profonde, che siano alla "radice" delle motivazioni immediate e contingenti, delle risposte semplici ai vari perch. Bisogna trovare una risposta a domande sul senso che si d alle cose, alla vita; bisogna dare ragione delle proprie scelte. Anche gli obiettivi complessivi ed organici che il gruppo in questa fase va elaborando, esigono motivazioni pi approfondite, non contradditorie, che toccano la fede, una visione d'uomo, una analisi della societ e della storia... - Coerenza delle mete ideali e dei valori. Secondo la nostra prospettiva, il "progetto di gruppo" nasce spontaneo dopo l'accumulo di elementi parziali, come necessit della struttura razionale di far ordine, di sistematizzare tutte le esperienze e riflessioni parziali vissute, come esigenza di trovare formulazioni ( intuitive o scritte) che esprimano sinteticamente e compiutamente il vissuto. - La coerenza analitica dei significati. Nel momento in cui il gruppo cerca di definire s stesso e i valori su cui si orienta, non enuncia solo ideali, ma cerca anche di trovare una precisazione non ambigua. Esso si scopre allora a un confronto e a una riflessione per precisare ci che condivide, per esplicitare ci che non espresso e i pregiudizi. d) Le difficolt. L'esigenza di una definizione chiara del progetto comune, difficilmente matura simultaneamente. Avviene che sia sentita e perseguita solo da alcuni o dall'animatore, cosicch il progetto non esprime la maturazione e la presa di coscienza del gruppo, ma qualcosa di imposto che genera tensioni. Viene in questi casi ad essere veramente importante il ruolo dell'animatore. Egli la figura di riferimento piu certa che le persone del gruppo hanno in questa loro esperienza. All'animatore spetta il compito di proporre le varie iniziative, ma anche (e soprattutto) di fare sintesi, di raccogliere quanto le persone esprimono e di rilanciare prospettive nuove. Il gruppo va allora motivato a verificare, criticare e scegliere la via da percorrere, sia per quanto riguarda la formazione che il servizio. N.B."Problema dell'ultimo arrivato". Per un "nuovo", se pur difficile, non impossibile entrare in un gruppo gi formato, se si verificano alcune condizioni. La prima condizione : far ripercorrere al nuovo arrivato le fasi del gruppo (una prima conoscenza superficiale, poi una pi profonda, successivamente la possibilit di riconoscere i ruoli di ognuno, quindi la concessione di uno spazio per assumere un ruolo proprio, ecc..). La seconda condizione quella di non parlare in modo incomprensibile. All'ultimo arrivato tutto ci che fa riferimento ad un passato in cui lui non era presente, incomprensibile e quindi va evitato. Un parlare comprensibile invece quello che nell'esprimersi fa riferimenti che permettano di ricostruire il senso di ci che vien detto. La terza condizione: offerta dalla possibilit di partecipare direttamente alla vita del gruppo in modo "non subalterno". Spesso l'ultimo arrivato finisce per stare per molto tempo alla porta ad osservare ci che capita, finendo con l'emarginarsi. e) Gli obiettivi per il gruppo Da quanto detto, possiamo indicare alcuni obiettivi da raggiungere in questa fase. Li elenchiamo. Orientarsi verso un progetto organico e sistematico. Se la coesione stata raggiunta, questo obiettivo potr essere conseguito con facilit e naturalezza. Ci risulter pi difficile se il livello di coesione ancora a livelli superficiali e insicuri. In questo caso il progetto non solo stenter a venir fuori, ma risulter qualcosa di inautentico e non profondamente percepito e vissuto. Meglio allora un nonprogetto che un programma prodotto dall'animatore e da qualcuno soltanto. Non si dimentichi che il vero progetto di gruppo l'oggettivazione razionale e sistematica del vissuto e degli orientamenti che il gruppo si attribuisce. Qualcosa di diverso, che non esprime ci che il gruppo condivide, rimane parola vuota. Quanto pi ricca l'esperienza vissuta, tanto pi ricco e significativo risulter il progetto elaborato. Prendere coscienza di ci che si e di che cosa si vuole essere. E' un altro aspetto dell'obiettivo appena descritto. Il gruppo, raggiunta la coesione, pu alle volte correre il rischio di chiudersi in s stesso e vivere una tranquilla amicizia senza andare oltre, fino all'esaurimento delle sue possibilit. Per questo motivo importante raggiungere due obiettivi: uno in profondit e uno in avanti. In profondit, esso si esprime nello scoprire ci che si ha in comune, ci che 'lega' I'uno all'altro, che cosa '' il gruppo. In avanti, esso significa domandarsi cosa si pu fare insieme, come si pu coordinare e organizzare il lavoro di tutti in vista degli obiettivi. Si richiede allora di scoprire le qualit esistenti, le sensibilit che si vivono, e di ritrovare nell'ambiente circostante le necessit pi urgenti su cui intervenire... Trovare le connessioni. Il progetto un momento di sintesi, non semplificatoria, di connessioni che vengono poste tra tante realt, valori ed esperienze vissute. Per questo sbaglierebbe chi pensasse di arrivare al progetto con un colpo di bacchetta magica. Al progetto si arriva attraverso un lavoro paziente, nel quale un po' alla volta si stabiliscono connessioni tra cause ed effetti, tra motivazione e azione, tra analisi e intervento, tra fini e strumenti; oppure tra diversi universi spaziali, come ad esempio: fede e impegno, Chiesa e mondo, situazione presente e sviluppi futuri, laicit e presenza cristiana nel mondo, volontariato e mondo civile e politico... Senza la capacit di porre tutti questi rapporti, un progetto risulter povero e ambiguo. Individuare le conseguenze pratiche del proprio progetto. Nel momento progettuale molti gruppi non riescono ad andare oltre una dichiarazione di intenti, di ideali da perseguire, di valori da proporre, da difendere o da vivere. Questi progetti definiscono una concezione di vita, un mondo e una societ che il gruppo vorrebbe, un concetto di uomo utopico e astratto. Questi progetti mancano di concretezza storica, di analisi della situazione, di incarnazione, di operazionalizzazione delle cose da fare, della indicazione di punti strategici su cui intervenire per modificare una situazione. E' il difetto opposto a quello di chi privilegia la prassi, l'intervento, il fare senza domandarsi la ragione o l'opportunit, secondo quale quadro d'insieme si lavora. Tutti e due gli aspetti e le direzioni vanno perseguite perch il progetto non rimanga qualcosa scritto solo sulla carta o diventi un'azione inefficace e uno sperpero di energie. Definire e dare un'identita al gruppo. Una definizione del gruppo importante per i membri, ma anche per l'esterno. Il gruppo deve saper dire in pochi tratti significativi 'chi ', 'qual la sua specificit'. Questo deve essere chiaro non solo per i membri, ma anche per la comunit circostante: Chiesa, parrocchia, quartiere... Se il progetto pu essere analitico, articolato, distinto in diversi aspetti, nel momento in cui si presenta verso l'esterno deve apparire 'chiaro', 'semplice', 'evidente', 'palese'. Deve essere facile dire: 'Sono quelli che si interessano di...'; 'Sono quelli che promuovono...', ecc. Aprirsi al confronto con l'esterno. La gratificazione che deriva dalla coesione non deve chiudere il gruppo in s stesso. Il gruppo deve uscire dal 'nido' in cui finora vissuto, e cominciare a confrontarsi con il mondo circostante. Il gruppo non inizia per ora. Gi prima questo confronto in qualche modo avvenuto, ma non nel modo in cui ne parliamo qui. In questo momento l'intervento del gruppo sul mondo circostante deve avere i caratteri di chiarezza di analisi, di strategia e di obiettivi. Questo intervento rappresenta la proposta che si intende fare all'esterno e il ruolo che si intende assumere. All'inizio si potr essere troppo facilmente critici, ideologici, intolleranti, propositivi. Sono pericoli possibili e l'animatore dovra far s che questo modo di accostare il mondo esterno al gruppo divenga sempre pi attento e riflessivo, collaborante e pluralista, con un rapporto con gli altri alla pari e non egemonizzante. f) Indicazioni per l'animatore Ci limitiamo alle pi importanti. Favorire nel gruppo il dibattito e il chiarimento su temi di fondo. L'intervento dell'animatore deve soprattutto stimolare il gruppo alla ricerca dei 'perch...' (motivazioni) e dell' 'allo scopo di...' (finalit), del 'per mezzo di che cosa...' (strumenti) e dell' 'in base a che cosa...' (analisi). Egli potr favorire dibattiti e approfondimenti culturali che aiutino a comprendersi meglio. Le conclusioni devono maturare lentamente: se ci sar l'apporto di nuove idee, riflessione e dibattito, i risultati presto o tardi non mancheranno. Non dare al progetto di gruppo ne i caratteri di definitivit ne quelli di una provvisoriet irrilevante. Nell'elaborazione di un progetto l'importante non che esso sia scritto o almeno verbale. Ci che deve avvenire 'una presa di coscienza' da parte del gruppo delle motivazioni, delle proposte e una definizione del campo di intervento. Non che ci debba avvenire in modo definitivo, una volta per tutte; ma neppure che si cambi ogni momento quello che si vuole fare. L'animatore dovr sapersi muovere tra i due estremi, richiamando l'uno o I'altro a seconda delle necessit. Attenzione agli ultimi arrivati. Preoccupato delle proprie attivit, senza volerlo il gruppo pu trascurare gli ultimi arrivati. E' importante invece che ad essi si stia attenti: possono costituire il ricambio e la rigenerazione. Ma pure importante prestare attenzione ai 'nuovi che non arrivano mai'. Il gruppo deve anche chiedersi se riesce ad essere 'un punto di aggregazione' significativo. Se dovesse verificarsi che non arrivano pi persone nuove, il gruppo dovrebbe interrogarsi su s stesso. COMPORTAMENTI DI GRUPPO CHE INDICANO IMPEGNO PER UN OBIETTIVO Alta frequenza di Alta frequenza di -- Espressioni che riguardano il lavoro da -- Conversazione non socializzante. fare. -- Espressioni che descrivono il problema -- Critiche dirette alle affermazioni da affrontare che altri fanno (nel gruppo) a riguardo del compito -- Espressioni riguardanti le modalit di sviluppo dei fini del gruppo. -- Espressioni che esaminano criticamen te quanto si fatto. -- Approvazione per espressioni di altri ri guardanti il lavoro che si sta affron tando. -- Espressioni che danno inizio e comple tano azioni dirette alla soluzione dei pro blemi. Informazioni riguardanti quanto si fat to tra un incontro e l'altro. g) Strumenti Trovare un equilibrio tra pensare e agire. Il gruppo non si deve limitare a discutere o a pensare, ma deve anche fare 'qualcosa'. La coesione deve servire per un'azione pi incisiva al di fuori, e non solo per stare insieme. A seconda del tipo di gruppo si preferir partire dall'uno o dall'altro, ma i due aspetti dovranno essere sempre presenti e fatti interagire. Favorire e stimolare la lettura e la riflessione personale. E' grave che in molti gruppi sia caduta in disuso l'abitudine di segnalarsi libri importanti da leggere, o che sia scaduta l'importanza di una 'buona' biblioteca (riviste e libri). Questi strumenti devono essere rispolverati e ripresi. Si tratter di specificare i campi, di selezionare le opere, di trovare i soldi, lo spazio, di regolarne l'accessibilit e il funzionamento, ma la possibilit di una biblioteca di gruppo uno strumento da rivalutare. COMPORTAMENTI DI GRUPPO CHE INDICANO COESIONE Elevata frequenza di Alta frequenza di -- Uso frequente del 'noi' (in riferimento -- Espressioni negative su tutto il gruppo a tutto il gruppo). con riferimenti positivi verso un sotto gruppo o cricca. -- Espressioni indicanti che il gruppo -- Espressioni che indicano scontento e in piace. soddisfazione per il gruppo. -- Espressioni indicanti il desiderio di ri -- Espressioni che indicano il desiderio di manere nel gruppo. terminare l'interazione di gruppo. -- Attenzione diretta verso chi parla. -- Assenteismo. -- Conversazione direttaverso altri mem -- Comportamento distratto (sbadigli, bri del gruppo. scherzi individuali...). -- Partecipazione ben distribuita dei mem -- Espressioni dirette solo verso il capo bri del gruppo. gruppo. -- Discorso su ci che ha detto l'interlo -- Monopolizzazione del tempo da parte cutore precedente. del leader o di altro membro del gruppo. -- Espressioni indicanti collaborazione -- Espressioni che interrompono gli altri ('Potremmo farlo in questo modo'). con riferimenti prematuri a s stesso ('La stessa cosa accaduta a me...'). -- Espressioni che cambiano il contenuto del discorso. -- Affermazioni competitive ('Quello niente ... ') . Farsi promotori di iniziative culturali. Non da solo, ovviamente. Se il gruppo numeroso, ci si potr muovere anche autonomamente secondo le proprie possibilit; in caso contrario nulla impedisce di aprirsi alla collaborazione con altri gruppi per organizzare un insieme di interventi, oppure per partecipare ad altre iniziative svolte altrove. Anche qui si tratta di non essere generici, ma di voler raggiungere certi scopi: aiutare le persone a riflettere e a fare analisi, connessioni, a conoscere tipi di esperienze o di intervento significative e riflesse... Per questo i temi da preferirsi saranno, ad esempio, 'fede e impegno', 'Chiesa e mondo', 'cristiani ed emarginazione', 'lavoro e fede', 'giovani e parrocchia'. Oppure, su un terreno piu laico: 'volontariato e societ civile', 'esperienze di intervento con i portatori di handicaps', 'esperienze di volontariato con i tossicodipendenti, con gli anziani...', 'esperienze di animazione culturale nel quartiere', ecc. Dare al gruppo una identit aperta e articolata che favorisca l'aggregazione su una pluralit di interessi e di partecipazione. Il gruppo in questa fase deve orientarsi decisamente verso un intervento all'esterno. Dovr valutare i 'pro' e i 'contro' di una scelta esclusiva di attivit, o di un intervento articolato su diversi campi, e le possibilit che queste scelte impegnino solo alcuni membri del gruppo. Fra le due possibilit certo preferibile una pluralit. Tuttavia il gruppo dovr valutare le conseguenze che ci potr avere sul gruppo e sulle reali possibilit di intervento. h) Alcune tecniche L'enciclopedia del gruppo. Periodicamente, secondo un piano prefissato, I'animatore pu fermarsi a riflettere sui contenuti che il gruppo effettivamente vive. Non importante dedicarvi molto tempo, n richiedere una definizione esatta, coerente e definitiva di un particolare contenuto, ma rilevare semplicemente quello che c' e quello che ancora da chiarire. Si scelgono temi come: amicizia, libert, pace, io, sesso, la Chiesa, la famiglia, I'amore, il lavoro, la fede, la preghiera, la spiritualit, il gruppo... Su un biglietto viene riportato il tema e si chiede di fare, in due o tre righe, una riflessione, dare una definizione, fare un esempio... I foglietti vengono raccolti e un gruppetto ne fa una elaborazione materiale che viene ridistribuita (fotocopiata o ciclostilata) a tutti. La cosa riesce meglio se anonima, perch molto importante non che si dica ci che giusto, ma ci che si pensa, ci che si vive. Quando si sono raccolte un po' di 'voci', si pu ritornare sul foglio precedente chiedendo al gruppo di 'votare' tutte quelle che sente di accettare. Quelle che raggiungono la maggioranza esprimono il vissuto del gruppo e su queste si faranno ulteriori approfondimenti. ll gioco dei 'Se ...'. Serve fondamentalmente per individuare le attese o le insoddisfazioni presenti nel gruppo. Il gioco consiste nel mettere davanti a tutti (si pu anche distribuire un bigliettino) una frase del tipo: 'Il gruppo andr meglio se...' Dopo il 'brainstorming' si sottolineano o si cancellano o si fanno rivivere i 'se' che sono ritenuti importanti, fino a trovare l'accordo di tutti. 1.5.2.4. QUARTA FASE: DAL PROGETTO ALLA SUA REALIZZAZIONE Quando il gruppo sembra aver raggiunto il suo momento migliore, perch ha trovato una sua identit e uno sbocco nelle prime realizzazioni, incomincia un nuovo momento critico. La soddisfazione per la coesione raggiunta molto spesso ha fatto immaginare a certuni il sogno di vivere per sempre insieme. Ora, per, le due polarizzazioni, gruppo e mondo, spesso danno la sensazione di porre davanti una scelta: o l'uno o l'altro. In pratica, le esigenze di una occupazione sicura, di una casa, di una retribuzione economica che permetta autonomia e indipendenza, fanno sentire il loro peso nella vita del gruppo. Il gruppo d'altra parte pu attenuare il "salto nella societ attraverso un riadattamento di se stesso alle esigenze della societ e dell'individuo". A determinare un cambiamento nel gruppo sono comunque principalmente le condizioni di maturit raggiunte dai membri. Nei confronti dell'animatore si ritiene di poter discutere alla pari, alle volte anche di dovergli insegnare qualcosa, i giovani vanno maturando una loro visione delle cose, richiedono pi contenuti, pi concretezza, rispondenza alle nuove necessit. L'accrescere delle possibilit culturali del giovane possono originare nuovi conflitti, non pi emotivi, ma di "dissenso ideologico". Pu riguardare il modo di impostare l'attivit educativa, certi orientamenti morali o toccare problemi di scelte politiche e partitiche. Ogni discussione che scaturisce sintomo di un disagio profondo. Queste divergenze se da una parte sono proficue ed arricchenti, dall'altra possono diventare insopportabili e incidere sulla propria adesione al gruppo. Altro elemento di novit che pu mettere in crisi la coesione il confronto con altri gruppi che in genere d origine a una maggiore criticit nei riguardi della propria esperienza. Si esige allora pi preparazione, pi impegno, pi professionalit. Per altri, la difficolt a vivere intensamente la vita di gruppo deriva dall'inserimento sempre maggiore nel lavoro, nello studio, nei rapporti con il proprio ragazzo e ragazza. La variabile prevalente l'indipendenza. Il giovane passa dal fare qualcosa che vogliono altri (verso i quali legato affettivamente o in relazione di appartenenza) al fare qualcosa che egli vuole e sente come esigenza personale. Anche la dipendenza dall'animatore diminuisce e assume un'altra forma. Se prima la sua parola aveva il peso della sua autorit, ora la forza del suo ragionamento a determinare l'attendibilit di quanto afferma, il giovane stesso non ha timore di scegliere una posizione diversa, se le sue ragioni sono pi plausibili. Ora sperimenta una sua autonomia di pensiero, egli sa analizzare la realt con categorie "scientifiche". Non solo le motivazioni e i significati sono vissuti autonomamente, ma anche i valori, sono diventati orientamento di vita e criterio di selezione. Il giovane scopre che pu condividere con il gruppo gli stessi valori non facendo le stesse cose, o senza viverli nello stesso luogo e allo stesso modo. A questo punto il valore interiorizzato, vissuto in modo autonomo e indipendente. Il gruppo potr perseguire obiettivi diversi senza per questo venir meno. Tutto ci fa comprendere che l'adesione una decisione liberamente assunta e che la vita del gruppo dipende ora veramente dalla responsabilit e collaborazione che ciascuno d. I giovani si sentono liberi, capaci di decidere per se stessi e per la vita di ogni giorno da soli, secondo i valori in cui credono. L'animatore rimane un punto di riferimento, ma non per ogni cosa. Il giovane sente ora che il gruppo deve essere ridimensionato, egli percepisce che la sua vita va giocata altrove. a) Obiettivi per il gruppo - I giovani prendono pienamente la conduzione del gruppo. Se gli obiettivi delle fasi precedenti sono stati conseguiti, in questo momento le iniziative, le responsabilit, la conduzione del gruppo non devono avere pi nell'animatore il loro centro. - Approfondire le motivazioni, il senso e i valori del gruppo, attraverso un approfondimento sistematico delle tematiche di fondo che danno ragione delle attivit, dell'impegno assunto, dei valori condivisi. - Aprirsi a nuovi confronti. La partecipazione a convegni o a corsi possono essere iniziative importanti per "respirare aria nuova". - Inserimento degli ultimi arrivati in responsabilit non marginali. Ai nuovi si deve dare la possibilit di diventare protagonisti prima che la vecchia generazione si allontani definitivamente. - Ottenere una appartenenza sostanziale e non marginale. La presenza pu farsi pi flessibile e sostanziale, attorno a momenti o elementi significativi. b) Indicazioni per l'animatore - Saper riconoscere la nuova fase che sta vivendo il gruppo. forte la tentazione di far s che alcuni nel gruppo non ne prendano le distanze, fino a diventare ansioso. - Essere parte tra il vecchio e il nuovo che sta emergendo. compito delicato di chi deve leggere in profondit il senso delle origini e anche i nuovi segni dei tempi. - Ritrovare il ruolo di una presenza saggia, rassicurante e silenziosa. il ruolo del confidente, al quale ci si rivolge per avere un consiglio, per discutere un'opinione. 1.5.2.5. QUINTA FASE: DALLA CRISI ALLO SBOCCO NELLA SOCIETA' E NELLA CHIESA il momento in cui il gruppo vive un'esperienza diversa e conclusiva rispetto alle altre fasi. La parola "sbocco" indica la combinazione di un intero percorso e suggerisce anche il senso di continuit con tutta l'attivit svolta. Come nello sviluppo della persona, questa fase condizionata dal modo in cui sono state vissute le fasi precedenti. Se il giovane ha vissuto un clima di realismo, di collaborazione, di ricerca delle soluzioni ai problemi trover pi facile un certo inserimento. Data la pluralit di et, di condizioni sociali, di diverse opportunit di sbocco professionale non possibile prevedere un momento preciso di sbocco. Si arrivati al momento dello sbocco quando si comincia a constatare un allontanamento di alcuni a motivo di impegni di lavoro, di famiglia. In un certo periodo si pu constatare che il gruppo perde colpi nelle varie attivit, non per cattiva volont, perdita di coesione o difficolt relazionali, ma per altri impegni importanti, in genere riferiti a lavoro, studi, famiglia da realizzare. Pu accadere che il gruppo perda o diminuisca la sua coesione anche a motivo di un progressivo inserimento nell'impegno esterno, nella ricerca di una prassi coerente ad un progetto: l'animazione dei pi piccoli, la catechesi, il servizio in situazioni di povert e abbandono. Poco per volta si sente di condividere di pi con i nuovi compagni di attivit, che non con quelli del gruppo di origine. La variabile prevalente la "scelta di vita". I giovani hanno l'impressione che certe scelte sono improrogabili e possono essere decisive per il loro futuro, certe scelte sono gi un muoversi verso una data direzione. Scegliere di stare con un ragazzo/a significa escludere, per la maggioranza dei casi, la strada verso il sacerdozio o la vita religiosa, una scelta di impegno politico indica una certa visione di societ. La stessa cosa pu significare la scelta di un luogo di lavoro rispetto ad un altro. Il giovane intravede il presente come luogo dove si gioca il futuro. In queste scelte influisce molto l'esperienza vissuta di gruppo, i valori e gli orientamenti condivisi. Per uscire dal gruppo e affrontare una scelta di vita si richiede risolutezza nel prendere decisioni e responsabilit. A questo il giovane si abituato nell'esperienza vissuta quando l'esperienza di gruppo stata positiva, se il vissuto dei valori e l'occasione per incontrarsi autenticamente con Dio e con la chiesa. La scelta di uscire dal gruppo richiede capacit, coraggio e una decisione "solitaria" senza rimpianti, per vivere i valori senza pi l'aiuto del gruppo stesso. La diversit nelle scelte di vita non deve fare perdere l'orizzonte di senso che tutto queste scelte manifestano: il Regno di Dio. Proprio perch il Regno di Dio una realt grande e pluriforme nelle sue espressioni, importante che animatore, gruppo e giovani vedano come le diverse scelte non sono fondamentalmente diverse, ma espressioni di un'unica scelta: quella di portare il Regno di Dio alla sua pienezza. Ognuno nella sua scelta operer attivamente, accanto e insieme agli altri, alla piena manifestazione dell'amore di Dio tra gli uomini. Il giovane che si allontana dal gruppo deve perdere ogni elemento di appartenenza o deve mantenere elementi minimi di riferimento. Si pu descrivere tale nuova relazione con il gruppo come un dissolversi delle appartenenze in vista di una relazione che definiamo di "riferimento". Per relazione di riferimento si intende un rapporto in cui il gruppo non principalmente orientato alla gratificazione dei membri o al raggiungimento di obiettivi specifici comuni, ma prevalentemente unito da motivi valoriali, ideologici o di senso. Se si vuole che il gruppo rimanga strumento e luogo di educazione necessario che il modo di stare dei membri si modifichi, lasciando alle persone la libert di scegliere il modo di vita adulta nella fede e il proprio ruolo nella societ. La crescita ulteriore della vita del giovane adulto meglio perseguita mantenendo con il gruppo una relazione di riferimento pi che di appartenenza. a) Obiettivi per il gruppo * Essere promotori di una riflessione e di un obiettivo all'interno della comunit ecclesiale. * Scoprire le aree dove la presenza cristiana assente, dove necessaria o contraddittoria. * Dare la possibilit di confrontarsi con la realt prima di decidere. * Condurre il gruppo a una sua ristrutturazione che premetta un doppio modo di relazionare, l'appartenenza e il riferimento. b) Indicazione per l'animatore * Non sacrificare la persona al gruppo * Avere capacit di discernimento * Essere ponte tra i giovani e la comunit degli adulti 1.6. PER 'INIZIARE' CON UN GRUPPO Vi proponiamo alcuni suggerimenti che potrebbero riuscire utili per organizzare i primi due incontri di un gruppo giovanissimi al suo inizio. 1.6.1. PRIMO INCONTRO: GRUPPO, PERCHE'? 1.6.1.1. Premesse Presentazione reciproca, conoscere l'indirizzo professionale di ciascuno: quale studio, quale lavoro... in un clima gioioso e sereno. 1.6.1.2. Perch partecipiamo al gruppo? - Motivazioni dei partecipanti (far parlare tutti, magari dividendoli in gruppetti perch siano facilitati a partecipare): domandare ai giovanissimi perch sono venuti, che cosa si aspettano dal gruppo... - Motivazioni integrative dell'animatore: si riprende l'assemblea, si ascoltano le comunicazioni, mentre l'animatore attento a scriverle, suddividendole a seconda dell'importanza. Poi l'animatore chiamato a sottolineare alcuni aspetti: a) l'amicizia, che si vuole costruire e sperimentare, esige una disciplina, un impegno. molto importante voler costruire un clima ed un rapporto interpersonale di amicizia. Ci vuole tenacia, pazienza, fiducia; non voler che si faccia in poco tempo: non solo esigere amicizia, ma soprattutto dare amicizia; ognuno ha i suoi pregi, ma anche difficolt, storie... Bisogner riflettere: quale amicizia? Su quali criteri costruirla? Come costruirla? b) La conoscenza personale e reciproca: uno degli aspetti pi attesi dall'adolescente, alle prese con tanti interrogativi, dubbi, confusione. un processo che dura tutta la vita; per cui questo cambiamento va fatto alla luce-guida di alcuni criteri fondamentali uguali per tutti che bene scoprire insieme e che ognuno dovr assumere. c) Il clima e l'ideale ai quali tendere: in ultima analisi, ognuno viene (si pu uscire di casa per ritrovarsi fra compagni, per divertirsi) per divenire sempre pi persone, sempre pi se stesso, capace di gestire nella libert e nella responsabilit la sua esistenza, di esprimere il meglio si s. Il gruppo giovanissimi, allora, un gruppo che vuole essere a servizio di ognuno di noi, della persona e tutto dev'essere finalizzato a questo. 1.6.1.3. Per fare gruppo sono necessarie delle norme? Lanciare la domanda: "Per crescere in questi punti, c' bisogno che il gruppo si dia delle norme interne? Se s, quali sono?". * Profondo rispetto, e ascolto reciproco: ognuno deve avere la possibilit e la libert di dire ci che pensa e sente per potere confrontare le sue idee con quelle degli altri partecipanti... ed essere rispettato. * Fiducia reciproca: ognuno persona e va accettata; dargli fiducia vuol dire creare il clima ideale in cui vincere la paura. * Fedelt agli incontri: una volta fissato il giorno e l'ora, ognuno si deve sentire coinvolto con la vita di gruppo; un semplice malessere o stanchezza, compito o interrogazione per il giorno successivo, altri impegni non sono scuse sufficienti per stare a casa; creerebbe un andirivieni che rovina la vita di gruppo. Ognuno deve mostrare che di parola, anche se costa. * Responsabilit: tirarsi indietro, tentennare porta scompiglio nella vita di gruppo e pregiudica il suo cammino verso l'ideale. * Lealt: ci che si scopre in gruppo va vissuto fuori, anche se costa sacrificio. Questi cinque punti siano discussi e valutati in gruppetti, per essere chiariti e assunti da tutti. Eventualmente presentare le conclusioni in assemblea. 1.6.1.4. Cosa fare in gruppo? Ora, l'animatore lanci un'ultima domanda: "Per realizzare piano piano questi quattro aspetti; cosa fare in gruppo quando ci si incontra?" (possiamo trovarci per divertirci, per chiacchierare o ascoltare musica, per costruire insieme un cammino fatto di attivit e di riflessioni, ricerca? In altre parole, riteniamo utile darci un programma da affrontare insieme, che risponda alle nostre esigenze? Oppure lasciamo tutto all'improvvisazione? Perch?). - Usare la tecnica di tempesta mentale e trascrivere le risposte su un foglio grande. - Quindi, sintetizzata, conviene dividersi in gruppetti per: * raccogliere e riordinare i suggerimenti per una prima prospettiva. Si raccolgono i foglietti di ogni gruppo e comunicare che la domanda verr ripresa ed approfondita; * sottolineare che il gruppo non vuole essere una scuola ma un momento forte, interessante, gioioso e comunitario dove i giovanissimi possono esprimersi, scoprire i propri talenti, provare la gioia di essere persone viventi. 1.6.2. SECONDO INCONTRO: GRUPPO, COME? (n.b. cominciare con un tecnica per la conoscenza reciproca ) 1.6.2.1. Domande e risposte a "ruota libera" * Far emergere varie motivazioni e le aspettative da parte di chi ha accettato di venire al gruppo attraverso alcuni quesiti da parte dell'animatore. * Fissare le varie risposte su un cartellone o sulla lavagna (integrazioni eventuali poi da parte dell'animatore). 1.6.2.2. Presentare alcuni tipi di gruppo, scrivendoli su un cartellone e spiegandone le caratteristiche: * Amicone: senza obiettivi concreti, senza programmi. Per stare insieme e basta. * Democratico:dove ognuno si sente coinvolto, corresponsabile e d il suo contributo personale. * Dipendente: dall'animatore visto come leader, colui che tira da solo tutta la vita del gruppo ed il gruppo obbedisce. *Archeologico:si studiano i problemi adolescenziali, gli argomenti che interessano e basta. *Attivo: si pensa unicamente a fare, a organizzare attivit pur di stare insieme. *Sociale: attento unicamente ai problemi sociali, cercando alcune iniziative di gruppo come risposta, secondo le capacit dell'adolescente. *Educativo: ricerca-riflessione-attivit, vita di gruppo... Tutto visto in funzione dell'educare ogni singolo componente come persona in tutte le sue dimensioni e i suoi reali bisogni. *Autocentrato:un gruppo che pensa unicamente a s, ai suoi bisogni e interessi: non attento a chi sta fuori, alla realt che lo circonda. *Aperto e comunitario: attento ai bisogni interni, ma anche attento a non separarsi dal mondo sociale che lo circonda dal territorio in cui vive. *Religioso: non solo attento ad educare la persona, ma anche a ristrutturare la sua vita di fede; a ripensarla in termini e dimensioni adeguate alla nostra et. *Ecclesiale: un gruppo formativo per ogni componente, che si apre e si inserisce nella comunit parrocchiale, vicariale, diocesana con incontri, scambi... per camminare insieme ed arricchirsi... Alla fine porre la seguente domanda: "Quale gruppo pensiamo sia pi rispondente alle nostre esigenze, ai nostri obiettivi? Perch?". A proposito del metodo, dopo l'esposizione dell'animatore (fatta in forma di dialogo in modo da coinvolgere sempre i giovanissimi e renderli pi coscienti di ci che si dice) porre la seguente domanda: " valido questo metodo? Pu rispondere a tutte le nostre esigenze?". Lasciare al termine del discorso anche qualche momento di silenzio per la riflessione personale. Dopo che sono state ben chiarite il senso (significato) e le finalit di gruppo, chiedere ai ragazzi di riflettere sulla propria scelta durante la settimana, anche per abituare i componenti a vivere il gruppo non in maniera episodica o isolata rispetto al loro quotidiano. Far conoscere al gruppo gli impegni parrocchiali, vicariali e diocesani e sottolineare l'importanza della partecipazione dei giovanissimi ai momenti forti dell'anno, agli appuntamenti che creano comunione e a quelli nei quali il gruppo diventa segno, esempio, simbolo di una scelta per gli altri (siano giovani o adulti). L'animatore abbia cura affinch - per quanto possibile - gli impegni parrocchiali non si sovrappongano a quelli vicariali o diocesani. Oltre ai suggerimenti citati, proponiamo una festa di passaggio, cio una S.Messa comunitaria in cui i giovanissimi si presentino alla comunit. Celebrazione festa di passaggio - S.Messa comunitaria Disporre i giovanissimi di I tappa insieme; sarebbe bene che siano presenti anche tutti altri i gruppi giovanili. Cos i genitori siano riuniti fra di loro. Sarebbe bene esporre i cartelloni che mostrano il programma del gruppo. 1. Dopo il canto iniziale, l'animatore spieghi alla comunit-assemblea il senso di questa presenza e festa, invitando tutti a pregare per il nuovo gruppo che ha scelto di affrontare il cammino di educazione alla fede. 2. Dopo il saluto iniziale il celebrante interroghi: Cel.: Tu, (o voi) animatore ....... inviato dalla comunit ad animare questo gruppo, oggi presenti questi giovanissimi alla comunit dei fratelli di fede. In questi primi mesi hai constatato in loro la disponibilit per un cammino di maturazione umana e cristiana, adeguato alle nuove situazioni della loro vita di adolescenti? Anim.: S, l'ho potuto constatare e sono tutti coscienti del cammino che sar affrontato e delle sue esigenze. Cel.: E voi, giovanissimi siete veramente disponibili ad impegnarvi nel gruppo con fedelt e responsabilit, con lealt e rispetto per conoscere il dono di essere persone esistenti, ricche di talenti da scoprire, accettare, promuovere per una esistenza che si fa dono ai fratelli nella libert, nell'amore, nella giustizia, nella pace e nella preghiera? Giov.mi.: S, dopo aver riflettuto in questi primi mesi e capito che un gruppo parrocchiale deve produrre segni visibili di vita nuova, siamo disponibili per realizzare il cammino che si presenta davanti a noi. Siamo qui per testimoniare questa nostra volont davanti a tutta la comunit e chiedere a tutti di accompagnarci con la preghiera intensa e con la solidariet. Cel.: Voi genitori, siete disposti ad accogliere la collaborazione e a camminare insieme con l'animatore scelto dalla comunit per aiutare i vostri figli nel loro divenire umano e cristiano attraverso il gruppo giovanissimi? Gen.: S, siamo coscienti del programma e degli impegni per noi e per i nostri figli e siamo disposti ad accogliere concretamente il servizio educativo dell'animatore. Cel.: Siamo contenti di quanto manifestato dall'animatore, dai genitori e da questi giovanissimi. Possa il Signore della vita, attraverso il suo Spirito, guidarvi alla vera vita, sostenervi nelle inevitabili difficolt e stanchezze, aiutarvi a gustare le meraviglie del suo amore fedele e liberatore. Come ha trasformato la vita di Abramo, di Mos, di Maria, di Pietro, Giovanni e Paolo, di tanti credenti, cos trasformi la vostra vita. Tutti: Amen! 3. Preghiera dei fedeli, fatta da: - 1 coppia di genitori - 2 giovanissimi - 2 rappresentanti la comunit 4. Processione delle offerte Dopo la presentazione del pane e del vino, l'animatore chiami per nome i giovanissimi presenti e li invita a rinnovare la loro promessa, dopo il canto allo Spirito Santo, invocato per aiutarli in questa nuova tappa della loro vita. Giov.mi: Credo nell'uomo, nella sua dignit, nel suo essere dono, nel suo divenire per un progetto di vita nella libert e nell'amore che si fanno comunione fraterna e solidale. Credo in Dio che per mezzo di Ges Cristo suo Figlio chiama l'uomo alla vita piena, lo guida sulla strada del suo Regno, cio della libert, della giustizia, della comunione con tutti gli uomini, della pace; lo sostiene con la Parola e con i sacramenti. Mi impegno a lottare contro le forze del male, come la mentalit consumistica, la violenza, l'emarginazione e la massificazione. Per evitare un'esistenza fatta di individualismo e di chiusura scelgo l'esperienza della vita di gruppo e cos imparare concretamente cosa significa camminare insieme, vivere da "membro vivo del Corpo di Cristo". Per questo, mi impegno a offrire la mia vita, seguendo l'esempio di Cristo che voglio conoscere, per contribuire alla missione di riconciliazione e di pace. Cel.: Voi, genitori e membri della comunit qui presenti: abbiamo ascoltato con gioia e trepidazione queste promesse. Siete pronti a offrire la vostra testimonianza concreta di un'esistenza di amore a Dio e ai fratelli per sostenere questi giovanissimi? Tutti: S, siamo disposti. Cel.: Ed ora, sentite e valutate queste promesse, l'animatore chiami per nome i giovanissimi, consegni loro una candela a ricordo e rinnovazione degli impegni battesimali e del sacramento della confermazione: li accompagni al Cero pasquale per accenderla (se sono molti, si pu fare 2 0 3 alla volta). Giov.mi: Cristo, luce della vita e del mondo, ha chiamato me ......., a scoprire e a sperimentare la vita come dono, a divenire luce con la mia testimonianza l dove vivo ed opero: in famiglia, nel lavoro, nella scuola, nel gruppo, presso i miei coetanei. * Venga fatta dai giovanissimi un'offerta da distribuire ai poveri o alle missioni, frutto di sacrificio personale, e segno della volont di costruire una vita nuova. * Alla fine un giovanissimo porti all'altare alcune rose; ogni giovanissimo offri un fiore ai suoi genitori; un giovanissimo presenti una rosa o al Presidente parrocchiale di ACI, o del Consiglio pastorale parrocchiale, o in mancanza, al sacerdote celebrante. E l'animatore cerchi di spiegare il gesto simbolico: - il gambo di rosa con le spine: immagine della vita, delle difficolt che incontrer in questo suo cammino... che disposto ad accettare come prova del suo amore ospitale della vita; - i petali: immagine dei componenti della comunit parrocchiale uniti; si "adottano" l'un l'altro pur di vivere in comunione e far crescere la comunione, la pace, la fratellanza; - il profumo: la testimonianza deve profumare con la carit gli ambienti in cui l'adolescente vive. Canto di gioia 5. Padre nostro: tenendoci per mano, con le braccia alzate (spiegarne il senso). 6. Pace: celebrante e animatore diano il segno della pace ai giovanissimi; questi fra di loro, portino la pace ai genitori e quindi a tutta l'assemblea, come segno di impegno missionario. 7. Al termine della S.Messa, se si ritiene opportuno, si pu festeggiare con un semplice e breve convito fraterno. BIBLIOGRAFIA M. Camoglio, il ciclo vitale di animazione, Ed. LDC M. Pollo, il gruppo come luogo di comunicazione educativa, Ed. LDC R. Tonelli, gruppi govanili ed esperienza di chiesa, Ed. LDC I quaderni dell'animatore, nn 9 e 16, Ed. LDC U. De Vanna, un gruppo targato futuro, Ed. LDC K. Vopel, manuale per animatori di gruppo, Ed. LDC Progetto Formativo Apostolico Unitario (PFAU), Ed. AVE Progetto Giovani, Ed. AVE Progetto e Metodo, AC di Vicenza (pro manuscripto)