LO SPIRITO, IL CONSOLATORE Lectio divina dei loghia giovannei sul Paraclito Esistono verit di particolare ritrosia e suscettibilit che non si possono afferrare se non tutto d'un tratto, - che occorre sorprendere o lasciare... (F. NIETZSCHE, La gaia scienza, Aforisma n. 381, in Opere 1882/1895), Neuwton Compton, Roma 1993, p. 203) Il Cristianesimo non una dottrina: una comunicazione di esistenza (S. KIERKEGAARD, Diario, VII, Morcelliana, Brescia 1981, p. 158, n. 2910) INTRODUZIONE Chi mi d il coraggio di dire "Padre nostro che sei nei cieli"? Lo Spirito santo. Infatti scrive san Paolo: "Dio ha mandato nei nostri cuori lo Spirito del suo Figlio che grida: Abb, Padre!" (Gal 4,6); e ancora: "Avete ricevuto uno Spirito da figli adottivi per mezzo del quale gridiamo: Abb, Padre!" (Rom 8,15). Ecco il legame con la Scuola di preghiera di due anni fa. E chi mi consente di riconoscere Ges come "il Signore" presente nella comunit dei credenti? Sempre e comunque l'identico Spirito, come precisa lo stesso Paolo: "Nessuno pu dire "Ges Signore" se non solo l'azione dello Spirito santo" (1Cor 12,3). Ecco il rapporto con la Scuola di preghiera dello scorso anno. E cos resta giustificato il tema di questa Scuola di preghiera: "Lo Spirito, il Consolatore" , come Giovanni, il discepolo amato, denomina lo Spirito santo. In effetti, "constatando che [circa Ges] i fatti corporali erano gi stati narrati nei vangeli [di Matteo, Marco e Luca], Giovanni, l'ultimo di tutti, compose il vangelo spirituale su richiesta dei suoi amici e sotto l'ispirazione dello Spirito santo" (CLEMENTE di Alessandria, in EUSEBIO, Hist. eccl VI, 14,6). Ges, rivelazione perfetta del Padre, disse tutto ai discepoli (Gv 15,15), ma non pot essere pienamente compreso da loro: lo Spirito, dopo la pasqua, realizza in ogni discepolo di ogni epoca la piena intelligenza di Ges. E sempre il Signore Ges a parlare, ma attraverso il suo Spirito. I luoghi dell'opera giovannea in cui si tratta dello Spirito santo sono i seguenti: Gv 1,32-33; 3,5.6.8.34; 7,39; 14,16.17.26; 15,26; 16,7.13; (19,30); 20,22; 1Gv 3,24; 4,2.13; 5,6.8; Ap 2,7.11.17.29; 3,6.13.22; 14,13; 22,17. I testi che noi mediteremo sono: Gv 14,15-24; 14,25-31; 15,26-16,4a; 16,4b-11; 16,12-15.33. Il motivo per cui Giovanni parla dello Spirito Alla fine del I sec. (si ricordi che il IV vangelo fu composto certamente dopo il 90 d.C.) la Gnosi di stampo doceta svaluta il Ges uomo a tutto favore del Cristo glorioso (cfr. 2Gv 7). Il DA [=Discepolo amato, Giovanni] costretto a prendere posizione, affermando: a) la vita, la morte e la risurrezione di Ges sono la pienezza della rivelazione: ultima, imprescindibile e insuperabile; b) i discepoli di Ges di ogni tempo vivono una vita nuova, che desume senso e valore unicamente dalla vicenda storica di Ges, alla quale realmente e misteriosamente partecipano; c) lo Spirito santo, che "dimora con loro e in loro per sempre" (14,16.17b), d impulso ed energia a questa vita nuova, riconducendola incessantemente alla sua origine, che ancora una volta e sempre la storia di Ges di Nazaret. Di qui l'insistenza con cui il DA connette strettamente lo Spirito a Ges: egli viene donato solo dopo la pasqua di Ges (7,39), dopo che questi asceso al Padre (16,7; 20,17.22-23), grazie alla preghiera di Ges (14,16) e "in suo nome" (14,26); anzi Ges stesso che invia lo Spirito dal Padre (16,8; 15,26); lo Spirito "l'altro Paraclito" (14,16), giacch il primo Paraclito Ges (1Gv 2,1); "lo Spirito della verit" (14,17; 15,26; 16,13), e la verit Ges (14,6; anche lo Spirito verit, ma in rapporto alla verit che Ges: 1Gv 5,6); ricorda tutto quello che Ges ha detto (14,26); "da Dio" in quanto "riconosce che Ges venuto nella carne" (1Gv 4,2). Insomma, per il DA lo Spirito riflette, nella e mediante la comunit dei discepoli di Ges, l'evento di Cristo (Gv 16,8-15) e cos fissa nei confronti della Gnosi, oltre alla necessit, anche i limiti di una conoscenza "spirituale" della rivelazione attuatasi in Ges Cristo. Il modo con cui il DA parla dello Spirito in Gv 14-17 Il genere letterario usato dal IV evangelista quello del "testamento" o "discorso di addio" , di cui si trovano numerosi esempi anche nell'Antico Testamento: Gen 47,29 - 50,14 (Giacobbe); Dt 31,1 - 34,11 (Mos); Gios 23,1 - 24,31 (Giosu); 1Re 2,1 - 11; 1Cron 28,1 - 29,30 (Davide); Tob 14,3-11 (Tobi); 1Macc 2,49-70; 2Macc 7,1-42 (Mattatia). Quanto al Nuovo Testamento, si vedano At 20,17-38; 2Pt; 1Tim 1,12-17; 2Tim 3,1-48; Lc 22,14-38, e alcuni elementi in Mc 13,1-37; Mt 24,1-25; Lc 21,5-36. I caratteri di tale genere letterario sono pressoch costanti: 1) annuncio della separazione prima della morte, prevista imminente; 2) reazione di tristezza da parte di quelli che restano; 3) incoraggiamento da parte di colui che se ne va; 4) sguardo retrospettivo ed esortazione alla perseveranza; 5) istruzioni circa l'osservanza dei comandamenti; 6) sguardo prospettico che preannuncia difficolt, ostilit, persecuzioni; 7) rassicurazione e promessa di aiuto in tali prove; 8) promessa della pace e della gioia a chi resta fedele; 9) scelta e presentazione del successore; 10) preghiera e benedizione finali efficaci. Nel IV vangelo, il Verbo fatto carne lascia ai suoi non solo uno spirito, una maniera ideale di vivere, bens il suo Spirito, che realizza l'unit dei discepoli con Cristo stesso e tra loro: 'Il Cristo] ci ha mandato dal cielo il Paraclto mediante il quale e nel quale con noi e abita in noi, non infondendoci uno spirito a lui estraneo, ma lo Spirito della sostanza sua e del Padre (CIRILLO di Alessandria, Dialoghi..., 364-365). In questo quadro i brani in questione (e in genere i capitoli 14-17) sono, per cos dire, la descrizione anticipata della vita dei cristiani nel mondo: la partenza di Ges in realt un ritorno tra i suoi; non un'assenza, ma una presenza particolare di lui in e attraverso lo Spirito. Il clima entro cui il DA parla dello Spirito Giovanni colloca i capitoli 14-17 in un grande dramma: un processo nel quale gli imputati sono rispettivamente Ges e il mondo, e l'avvocato difensore di Ges presso i credenti in lui il Paraclito. Questo carattere drammatico confermato da svariati termini giuridici adoperati dall'evangelista: "testimoniare" , "testimonianza" , "giudicare" , "giudizio" , "confutare" e lo stesso appellativo "Paraclito" . Chi ne uscir vincitore? Apparentemente, il mondo e il principe del mondo; infatti Ges viene giudicato colpevole, condannato e ucciso. In realt, chi stravince Ges, a favore del quale hanno gi testimoniato fior fiore di personaggi: il Padre (5,32.37; 8,18), Abramo (8,56), Mos (5,46-47), Giovanni Battista (1,6-7.15.19.32.34), la Scrittura (5,39) e Ges stesso (8,14.19). Egli giudicato, eppure il Giudice; condannato e crocifisso, eppure vince il mondo (16,13) e regna dalla croce (19,19; cfr. Mt 27,37; Mc 15,26; Lc 23,38), dalla quale attira tutti a s (12,32). Per cogliere tale realt profonda e non fermarsi alle apparenze, necessario fidarsi di lui e affidarsi a lui. A ci provvede lo Spirito santo, il difensore - appunto - di Ges nel cuore dei credenti, sottoposti a prove continue. Questo il suo... mestiere. A me, dunque, lasciarglielo fare. Le relazioni che il DA attribuisce allo Spirito in Gv 14-16 a) Con il Padre: lo Spirito sar donato dal Padre (14,16), sar inviato da lui (14,26; cfr. Lc 24,49), procede da lui (15,26), prender ci che del Padre (16,15). b) Con Ges: lo Spirito l'altro Paraclito (14,16), sar dato su richiesta di Ges (14.16), sar inviato nel suo nome (14,26), ricorder tutto ci che Ges ha detto (14,26), gli render testimonianza (15,26), lo glorificher (16,14), dir tutto ci che da lui avr udito (16,13), sar inviato da Ges dopo che Ges se ne sar andato (15,26; 16,7). c) Con i discepoli: lo Spirito conosciuto dai discepoli (14,17), rimane presso di loro (14,17), sar in loro (14,17), rimarr con loro per sempre (14,16), insegner ogni cosa (14,26), far ricordare tutto ci che Ges ha detto (14,26), sar dato ai discepoli (15,26; 16,17), verr presso di loro (16,7.13), sar inviato a loro (15,26; 16,17), li guider alla verit tutta intera (16,13), annunzier le cose future (16,13). d) Con il mondo: lo Spirito non visto, n conosciuto, n ricevuto dal mondo (14,17); confuter il mondo quanto al peccato, alla giustizia e al giudizio (16,8). Le somiglianze e le differenze tra lo Spirito e Ges a) nei testi in esame Spirito santo - dato dal Padre - con, presso, nei discepoli - il mondo non pu riceverlo - il mondo non lo conosce, i credenti lo conoscono - inviato dal Padre - insegna - viene dal Padre - d testimonianza - confuta il mondo - non parla da s stesso, ma dice ci che ha udito - glorifica Ges - guida alla verit tutta intera ed lo Spirito della verit Ges 3,16 3,22; 13,33; 14,20; 14,26 1,11; 5,53; 12,48 14,19; 16,16-17 capp. 1; 5; 8; 12 (passim) 7,14-15; 8,20; 18,37 5,43; 16,28; 18,37 5,31-32; 7,7; 8,13-14 3,19-20; 9,41; 15,22 7,17; 8,26.28.38; 12,49-50; 14,10 12,18; 17,1.4 1,17; 5,33; 18,37; 14,6 b) nel IV vangelo Riassumento e completando con gli altri passi attinenti allo Spirito santo, possiamo descrivere i suoi rapporti con Ges nei termini seguenti. Per quanto riguarda il nome, identico ("Paraclito" ), con la precisazione che il primo a portarlo Ges. Quanto al luogo di origine, sia per lo Spirito che per Ges la sfera divina. La modalit di provenienza descritta essenzialmente come missione: con la differenza che lo Spirito considerato come inviato prevalentemente dal Padre e secondariamente da Ges e in ogni caso sempre in funzione di Ges, mentre quest'ultimo inviato soltanto dal Padre; i discepoli e i credenti delle epoche successive appaiono "strumenti" della mediazione dello Spirito. La destinazione registra una delle differenze pi rilevanti tra lo Spirito e Ges: se il primo destinato a Ges e agli uomini, il secondo ha come destinazione esclusiva gli uomini. In particolare: lo Spirito agisce prevalentemente su Ges durante la sua vita terrena, essendo quella dello Spirito in tale periodo anzitutto una attivit rivelatoria (rapporto quasi esclusivo tra Spirito e parola di Ges); mentre lo stesso Spirito agisce prevalentemente sugli uomini dopo la partenza di Ges, anche se svolge la sua azione rifacendosi alla e in favore della parola di Ges e dei sacramenti, medianti i quali (parola e sacramenti) Ges si rende presente tra i credenti. Quanto alla finalit, va detto che sia lo Spirito che Ges sono inviati per rivelare, con la precisazione che mai l'attivit rivelatoria iniziativa dello Spirito e che sempre in funzione di Ges. Considerando le modalit di azione, constatiamo che entrambi dimorano con i credenti e entrambi sono estranei al mondo. Il ritorno al luogo di origine affermato solo di Ges, che "sale" al Padre. Alcuni particolari significativi di Gv 14-16 a) I personaggi. + Ges: nominato esplicitamente 1 volta (14,23) e 41 volte come pronome. + Il Padre: nominato assolutamente ("il Padre" ) 11 volte e, relativamente a Ges ("Padre mio" ), 3 volte. + Lo Spirito: nominato esplicitamente come "Spirito santo" 1 volta (14,2), come "Paraclito" 3 volte (14,17.26; 15,26), come "Spirito della verit" 3 volte (14,17.26; 16,13) e come pronome 12 volte (14,17.26; 15,26; 16,7.8.13.14). + I discepoli: destinatari del testamento di Ges, sono nominati sotto forma di pronome personale di seconda plurale ("voi" ) numerosissime volte, con l'appellativo "orfani" 1 volta (14,8). Essi s'identificano con Undici dei Dodici che hanno partecipato all'ultima cena di Ges (Giuda gi uscito dal cenacolo: 13,31); ma sono anche - mutatis mutandis - tutti coloro che per la loro parola avrebbero creduto in Ges (17,20), quindi anche noi (14,21.23). + Giuda, non l'Iscariota: nominato 1 volta (14,22) + Il mondo: nominato 8 volte. + Il principe del mondo: nominato 2 volte (14,30; 16,11). + I persecutori: coloro che scacceranno i discepoli dalle sinagoghe: 1 volta (16,2). + Gli uccisori: chiunque uccider i discepoli: 1 volta (16,2). b) Le azioni. Le principali, gi evidenziate nei punti 4 e 5, verranno riprese nell'analisi di ogni pericope. c) I tempi. In parte le indicazioni temporali sono espresse dalle voci verbali, per lo pi nei tempi futuro e presente; in parte sono indicate mediante termini o frasi con valore temporale: "per sempre" (14,16); "ancora un poco" (14,19); "in quel giorno" (14,20); "quando ero ancora tra voi" (14,25); "prima che avvenga" (14,29); "quando avverr" (14,29); "a lungo" (14,30); "quando verr il Paraclito" (15,26); "fin dal principio" (15,27; 16,4); "l'ora" (16,2); "quando me ne sar andato" (16,7); "non pi" (14,19; 16,9); "adesso" (14,29). d) I luoghi. "Presso di voi" (14,17.18.25); "in voi" (14,17.20); "presso di lui" (14,23); "nel Padre mio" (14,20); "in me" , "da voi" (14,28; 16,7); "dal Padre" (14,28; 16,10); "presso il Padre" (15,26); "da qui" (14,31); "da colui che mi ha mandato" (16,5); = dove (vai)?" (16,5); "nella verit tutta intera" (16,13), "nel mondo" (16,33). Per concludere: se = Ges la strada (he hods), lo Spirito la guida (ho hodegs) che fa avanzare per quella strada" (SWETE, cit. in CONGAR, Credo..., I, 72). Perci, prima di addentrarci nella "lectio divina" dei singoli brani, invito me stesso e ciascuno di voi a invocare lo Spirito con le incantevoli parole del grande J.H. NEWMAN (1801-1890): "Guidami, dolce Luce: attraverso le tenebre che mi avvolgono, guidami tu sempre pi avanti! Reggi i miei passi; cose lontane non voglio vedere: mi basta un passo per volta. Cos non sempre sono stato, n sempre ti pregai affinch tu mi conducessi sempre pi" avanti! Sempre mi benedisse la tua potenza: anche oggi sicuramente sapr condurmi sempre pi avanti. Guidami, dolce Luce, guidami tu sempre pi avanti!. Gv 14, 15-24 LA PRESENZA PERENNE, INTIMA, ACCOGLIENTE Quando Ges se ne sar andato, che ne sar di noi? Chi ci aiuter a risolvere i nostri problemi? Chi dar risposte oggettivamente sensate e soggettivamente convincenti ai nostri interrogativi? Chi ci sosterr nelle difficolt, nelle incomprensioni, nelle persecuzioni subite per amore di lui mentre continueremo a seguirlo (ricordiamo il "Tu segui me!" - Gv 21,19.22 - detto a Pietro)? Saremo soltanto rifiutati e derisi, o qualcuno ci accoglier? Resteremo maledettamente soli come orfani? Questo - pi o meno - lo stato d'animo degli Undici dopo l'ultima cena. Che pure lo stato d'animo di tutti i credenti d'ogni epoca successiva, per i quali si aggiunge addirittura un ulteriore motivo di ansia: ormai non esistono pi orecchi che abbiano udito Ges in carne ed ossa, non pi occhi che l'abbiano veduto e contemplato, non pi mani che l'abbiano toccato (1Gv 1,1), perch tutti sono morti, dal primo all'ultimo, anche il discepolo sopra tutti amato. Dunque, che ne sar di noi, Signore? Tale condizione psicologica, che naturalmente anche concretissima situazione esistenziale, intende affrontare il DA con il brano che stiamo meditando. A) LECTIO 1. Struttura. Il ritorno/presenza di Ges (condizioni e promesse): a) il dono del Paraclito, lo Spirito della verit, rifiutato dal mondo e accolto dai discepoli (vv. 15-17); b) il ritorno di Ges e la sua manifestazione, accolti dai discepoli e rifiutati dal mondo (vv. 18-21); c) la venuta, la dimora e la manifestazione di Ges e del Padre, accolte dai discepoli e rifiutate dal mondo (vv. 22-24). 2. Analisi * Se amate me ". Cfr. Gv 15,10; 1Gv 5,3; 2Gv 6; Dt 6,4-9; 7,11; 11,1; Sap 6,18. Cfr. anche TOMMASO d'Aquino, Commento... III, 114-116. L'amore per Ges precede almeno logicamente l'adempimento dei comandamenti da lui dati (anche in greco il verbo della protasi al presente, quello dell'apodosi al futuro), nel senso che questo espressione e attuazione concreta di quello: "unire la carit delle opere con la fede proprio soltanto di quelli che amano veramente Dio" (S. CIRILLO di Alessandria, Commento, 122). Il fatto che l'evangelista qui non dica quali siano i comandamenti significa: a) a questo punto gli preme soprattutto sottolineare l'amore per Ges come origine del compimento dei suoi comandamenti; b) secondo lui la precisazione superflua, in quanto tutti nella comunit conoscono molto bene il contenuto dei comandamenti del Maestro. D'altra parte, sotto un diverso profilo, il DA asserisce anche che l'unico test attendibile dell'amore a Ges l'obbedienza effettuale, puntuale, documentabile. * "Io, a mia volta, pregher il Padre e un altro Paraclito vi dar, affinch sempre sia con voi" . Cfr. Gv 14,26; 15,26; 16,7; Lc 11,9-13. Io amo Ges fattivamente, e Ges prega il Padre per me. Il verbo greco eroto nel senso di pregare il Padre si trova solo in Giovanni (qui, e in 16,26; 17,9.15; 1Gv 5,16). Il Padre, nel IV vangelo, d (verbo ddomi) a Giovanni Battista il potere di battezzare (3,27); a tutti "lo Spirito senza misura" (3,34); al Figlio ogni potere di giudizio (5,22-27) e di disporre della vita (5,26), di compiere le opere del Padre (5,36; 17,4), di non perdere nulla di quanto il Padre gli ha dato (6,39), gli uomini (17,6), i discepoli (17,11.12) e tutto ci che Ges chiede (11,22), la gloria che poi Ges comunica ai discepoli (17,22.24), di non perdere nessuno dei discepoli (18,9), il calice della passione/morte (18,11), di donare la vita eterna (17,2); ad ogni uomo la capacit di andare da lui (6,65); ai discepoli tutto ci che essi chiedono nel nome di Ges (15,16; 16,23). In questo versetto si afferma che il Padre dar il Paraclito: "Dio non d niente di meno che se stesso" (AGOSTINO, De fide et symbolo 9,19, cit. in CONGAR III, 153-158). I termini "dono" (dore), = dare/donare" (ddomi) e "ricevere" (lambno) riferiti allo Spirito santo sono numerosi nel Nuovo Testamento. Precisamente: "dono" presente in Gv 4,10; At 2,38; 8,20; 10,45; 11,17; Eb 6,4; "dare" ricorre in Gv 3,34; 4,14; Ap 21,6; 4,16; 1Gv 3,24; 4,13; At 5,32; 8,18; 15,8; Lc 11,13; Rom 5,5; 2Cor 1,22; 5,5; Ef 1,17; 1Tess 4,8; 2Tim 1,7; "ricevere" compare in Gv 7,39; 14,17; 20,22; At 1,8; 2,33.38; 8,15.17.19; 10,47; 19,2; 1Cor 2,12; 2Cor 11,4; Gal 3,2.14. Il vocabolo Paraclito proprio ed esclusivo di Giovanni, anche se il DA l'ha ripreso da una tradizione preesistente (SCHNACKENBUG, o.c., 124.225): lo si trova qui, in 14,26; 15,26; 16,7; 1Gv 2,1. Etimologicamente deriva da parakalo e significa, al passivo, = chiamato accanto (per assistere)" e quindi = avvocato (in un giudizio)" ; all'attivo, invece, indica "uno che aiuta chi gli sta accanto" , ovvero "difensore" , "intercessore" , "soccorritore" , "esortatore" , "consigliere" , o anche (ma SPICQ, BEHM, L.ON-DUFOUR, MATEOS e BARRETO - vedi oo.cc. - e altri contestano simile accezione) "consolatore" . Per MATEOS e BARRETO (o.c., 597) in Gv 14-16 opportuno renderlo con il termine generico "soccorritore" (cfr. anche TOB, 2456). Ma, tutto sommato, meglio tradurlo - quasi traslitterandolo - con "Parclito" (meglio ancora sarebbe "Paraclto" , in quanto Parclito riproduce la pronuncia bizantina), precisandone il senso, di volta in volta, nel corso dell'analisi esegetica (cfr. AMBROGIO, o.c., 148-151; TOMMASO d'Aquino, Commento... III, 116-117; BONAVENTURA, o.c., 144-145.150-153). Perci la scelta della CEI di renderlo sempre con "Consolatore" quanto meno discutibile. Qui, il Paraclito presentato dal DA come "l'altro Paraclito" : in effetti, il primo Paraclito Ges (1Gv 2,1). Quando Ges sar fisicamente assente, il Paraclito continuer a svolgere per i discepoli, a seconda del bisogno, quelle funzioni rispettivamente di difesa, di aiuto, di soccorso, ecc. che Ges svolgeva nella sua vita terrena. Tuttavia il Paraclito , appunto, "altro" da Ges, non gli succede in senso forte n lo sostituisce: 'Io Ges] torner da voi (14,28), 'Io e il Padre] verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui (14,23) (dunque anche il Padre sar presente). Del resto, si pensi anche solo a Mt 28,20: "Ecco, io [Ges risorto] sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo" (cfr. AGOSTINO, 1326-1329; BONAVENTURA, 152-153). Da questo punto di vista, la formula escogitata da BROWN (o.c., 774) e che ha avuto fortuna (si veda, ad esempio, GHIBERTI, passim): "Il Paraclito la presenza di Ges quando Ges assente" , appare tanto suggestiva quanto sbrigativa e al limite fuorviante, in quanto tende obiettivamente a negare la necessit della presenza perenne di Ges. * "Lo Spirito della verit, quello che il mondo non pu ricevere perch non lo percepisce n lo riconosce. Voi lo riconoscete, perch rimane presso di voi e sar in voi" . Il Paraclito implicitamente identificato con lo Spirito, di cui parla il IV vangelo nella sua prima parte: 1,32-33; 3,5-8.34; 4,23-24; 6,63; 7,39. Egli (si vedano i pronomi personali maschili ekinos, auts e heauts di 14,26; 15,26; 16,7.8.13.14) denominato "Spirito della verit" sia perch si identifica con la verit (1Gv 5,6), sia perch fa comprendere la verit che la rivelazione attuatasi in Cristo (1,14; 7,18; 8,14.40.45; 14,6; 16,7; 18,37). Si potrebbe dire che Ges la Verit; e lo Spirito la forza della Verit, in quanto la forza dell'amore in cui in ultima analisi consiste la Verit. I discepoli vedono e riconoscono lo Spirito perch credono in Ges, invece il mondo (= quanti si rifiutano di credere in Ges) assolutamente no, proprio perch non si fida di Ges n si affida a lui con l'atto tipico della fede. (Cfr. AMBROGIO, 180-183). TOMMASO d'Aquino tranchant: "Come una lingua infetta non percepisce un sapore gradevole per la corruzione degli umori, cos l'anima infettata dalla corruzione del mondo non riesce a gustare la dolcezza delle cose celesti" (Commento... III, 120; cfr. anche CIRILLO di Alessandria, Commento..., 127). E il credere in Ges come unico volto del Padre si alimenta per l'azione dello Spirito che fa compagnia ai discepoli ("presso di voi" ), anzi li abita ("in voi" ). Si noti il verbo rimanere al presente: poich i discepoli rimangono presso Ges, abitato dallo Spirito che nel battesimo "scende" e "rimane su di lui" (1,32), lo Spirito gi presso di loro; invece il verbo essere al futuro: i discepoli accoglieranno in s stessi lo Spirito solo dopo la morte-resurrezione di Ges. Quanto al verbo "rimanere" (mnein), Giovanni lo usa spesso dandogli come soggetto diversi elementi costitutivi della vita cristiana come tale: la parola di Dio (5,38; 15,7; 1Gv 2,14), la vita (1Gv 3,15), l'amore (1Gv 3,17), la verit (2Gv 2), l'unzione (1Gv 2,27). Questo l'unico caso nel Nuovo Testamento in cui il verbo theoro (vedo, percepisco) ha per complemento oggetto lo Spirito santo; i passi in cui ha come oggetto Ges sono 6,19; 20,14 (ma senza riconoscimento immediato) e 12,45; 14,19; At 7,56 (con riconoscimento immediato); in un solo caso (12,45) il verbo ha come oggetto il Padre (Cfr. BORNKAMM, 17-23). * "Non vi lascer orfani, torno da voi. Ancora un poco e il mondo non mi vedr pi, voi invece mi vedrete; poich io ho la vita, voi avrete la vita. Quel giorno sperimenterete voi stessi che io sono in mio Padre e voi in me e io in voi" . Ges prepara i discepoli a "vivere" la sua assenza "fisica". Facciamo alcune notazioni. a) Ges non lascia soli i discepoli, ma torna da loro. Si gusti la bellezza di quell'"rchomai" (vengo, torno), che in realt ha significato logico di futuro, ma valore psicologico di presente per delle persone che hanno una paura tremenda di restare come orfani indifesi, senza la vicinanza fisica dell'Amico. Stesso valore ha l'espressione "ancora un poco" .b) Saranno in grado di vederlo vivo e di non piangerlo morto soltanto loro, i discepoli che continueranno a fidarsi di lui; quanti invece non avranno gli occhi della fede (verbo theoro!) non potranno vederlo pi, essi che lo vedevano solo in senso materiale durante la sua vicenda terrena. Nell'Antico Testamento l'orfano il paradigma di chiunque oggetto di ingiustizie da parte dei potenti (cfr. ad es. Is 1,17-23; 10,2; Ger 5,28; 7,6; Ez 22,7; Os 14,4). = Da notare - suggerisce sorprendentemente TOMMASO d'Aquino (Commento... III, 123) - che Cristo si presenta ai discepoli come un padre [si orfani rispetto al padre]. Sebbene infatti il nome padre come termine personale sia esclusivo della persona del Pad" e, quale termine essenziale spetta a tutta la Trinit. c) I discepoli continueranno a vivere perch Ges stesso comunicher loro la sua stessa vita, allora pi che mai dotata di senso e di valore. d) Allorch, ritornato in vita grazie alla risurrezione, Ges effonder il Paraclito, lo Spirito della verit, i discepoli faranno nella fede l'esperienza personalissima della reciproca immanenza del Padre e di Cristo ("Io e il Padre siamo una cosa sola" : Gv 10,30) e della vicendevole appartenenza di loro e di Cristo da un lato, e, di conseguenza, di loro e del Padre dall'altro. Quando scrive "in quel giorno" (en ekine te hemra) il DA pensa alla pasqua (15,9; 14,20; 16,23.26), mentre usa l'espressione "nell'ultimo giorno" per alludere alla parusia, la venuta di Ges alla fine del mondo (6,39.40.44.54; 12,48): l'escatologia, futura per i profeti dell'Antico Testamento e indicata con "quel giorno" , diventa presente, "realizzata" o "realizzantesi" nel Signore risorto. * "Chi ha fatto suoi i miei comandamenti e li adempie, questi colui che mi ama: e a colui che mi ama mio Padre dimostrer il suo amore e anch'io gli dimostrer il mio amore manifestandogli me stesso" . (Cfr. TOMMASO d'Aquino, Commento... III, 128-129, il quale afferma che noi in tanto possiamo amare il Figlio, in quanto siamo amati dal Padre). Colpisce il passaggio brusco dalla seconda persona plurale alla terza singolare: Ges stabilisce un principio generale, con il quale ogni uomo di ogni tempo deve fare i conti. L'inclusione con il v. 15 (se amate me ") chiarissima: se nel v. 15 il compimento dei comandamenti di Ges presentato quale espressione dell'amore per lui, qui diventa in modo marcato unit di misura dell'esistenza e dell'autenticit di tale amore. Il risultato? Duplice: il discepolo avr la certezza:a) di essere amato come un figlio dal Padre di Ges;b) constatando di essere oggetto di un'amicizia intima e confidenziale da parte di Ges, di essere amato da Ges come un fratello. * "Gli domand Giuda, non l'Iscariota: "Signore, che mai successo che tu stai per manifestarti a noi e non al mondo?". Ges gli rispose dicendo: "Chi mi ama compir il mio messaggio, e mio Padre gli dimostrer il suo amore: andremo da lui e ci fermeremo a " ivere con lui. Chi non mi ama non adempie le mie parole; eppure il messaggio che state ascoltando non mio, ma di colui che mi mand, del Padre". Portare avanti il discorso attraverso l'incomprensione dell'interlocutore una tecnica tipica del dialogo giovanneo; dimostrato dai fraintendimenti in cui cadono numerosi personaggi: ad esempio i Giudei (2,19-21; 6,51-53; 7,33-36; 8,51-58), Nicodemo (3,35), la Samaritana (4,10-15), i discepoli (4,31-34; 11,11-15; 16,16-19), Marta (11,23-25), Pietro (13,36-38), i cristiani della seconda generazione (21,22-23) Tommaso (14,4-6), Filippo (14,7-9). In questo passo, Ges intende parlare della sua manifestazione interiore nell'amore, mentre Giuda la interpreta come manifestazione esteriore, eclatante, visibile a tutti. Oltre alla presenza di Ges risorto (vv. 18-21) e dello Spirito (vv. 17-18), ci sar anche una presenza permanente del Padre in ognuno che compie il messaggio di Ges (cfr. AMBROGIO, 138-141; CIRILLO di Alessandria, Commento..., 152). La dimora di Dio con l'uomo non pi un luogo materiale destinato al culto (Es 25,8; 29,45; Lev 26,11; 1Re 8,27ss.), bens l'uomo stesso che accoglie - dandole libero corso - la parola del Cristo. In tal modo si realizza un'aspirazione struggente dei credenti dell'antica alleanza: 1Re 8,27; Ez 37,26-27; Zac 2,14. L'ultimo versetto di questo brano (v. 24) forma un'ulteriore inclusione con il primo (v. 15) e costituisce la vera risposta all'interlocutore, con l'aggiunta - rispetto a quello - dell'origine assoluta (il Padre) del messaggio di Ges. B) MEDITATIO e ORATIO Che cosa dice questo brano alla mia vita? In fondo, un'unica verit: il Paraclito, il Padre e Ges costituiscono un Team tenacemente impegnato a volermi bene e a fare il mio vero bene. In particolare, mi dice che dove c' il Paraclito c' Ges, e viceversa: il rapporto esistente tra il Paraclito e Ges simultaneamente della pi stretta dipendenza e della massima autonomia (cfr. VON BALTHASAR, Spiritus creator, 91-100). 1. Il Paraclito, pi che oggetto di conoscenza, mi fa conoscere Ges e, attraverso Ges, il Padre; e cos fa piovere la propria luce su tutte le cose, svelandone il senso. Pi che termine di contemplazione, egli il principio della contemplazione di Ges e del progetto di amore del Padre di Ges; pi che destinatario della mia preghiera, colui che dal profondo di me stesso mi associa ai suoi gemiti ineffabili, che mi fanno invocare Dio come "Padre" . Nulla di male, quindi, se mi capita raramente di pensare al Paraclito e parlare di lui; cos come non sarebbe poi tanto strano che io non pensassi sovente al respiro, che pure mi consente di vivere: l'importante che io viva grazie al... Respiro (= Spirito) di Ges e del Padre! Tra i Padri, DIDIMO il cieco analizza con acribia i vari significati del termine "spirito" discutendone l'estensione: o.c., 145-151; vedi anche TOMMASO d'Aquino, Commento... III, 118. Interessante l'osservazione di SCH